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Chiara Inesia


venerdì 22 febbraio 2008

L'APE

Le api fanno parte della famiglia delle Apidi, dell'ordine degli Imenotteri.
Come tutti gli insetti, le api hanno sei zampe ed il loro corpo è diviso in tre parti: capo, torace ed addome.
Hanno delle parti del corpo modificate per poter raccogliere polline e nettare, che viene trasformato in miele; queste modificazioni riguardano la struttura delle parti boccali e quella delle zampe.
L'apparato boccale è adatto alla raccolta dei liquidi: se l'insetto vuole raccogliere dell'acqua o dello zucchero disciolto impregna il labello di liquido che poi passa nel solco ligulare e vi sale per capillarità. Quando i liquidi arrivano alla faringe si mescolano al secreto delle ghiandole salivari che vi sboccano, e una volta entrati nell'ingluvie o borsa melaria, subiscono l'azione enzimatica della saliva che cambia il nettare in miele.
Oltre al nettare e all'acqua un altro alimento indispensabile per i melliferi è il polline che fornisce loro sostanze azotate. Il polline viene raccolto ed immagazzinato principalmente dalle zampe.
Il primo articolo del tarso, soprattutto nelle zampe posteriori è molto lungo e largo e possiede verso l'interno una spazzola di peli che serve all'insetto per raccogliere il polline sparso sul corpo. La tibia delle zampe posteriori ha una depressione longitudinale sulla faccia esterna che si chiama cestella; in questa viene ammassato il polline.

Le api vivono nell'alveare; la costruzione dei favi è affidata a giovani api (10-15 giorni di età). Queste vengono nutrite abbondantemente con miele e si attaccano alla volta dell'arnia, allacciandosi le une alle altre in modo da formare una catena; le secretrici di cera rimangono in questa posizione anche per 24 ore, dopo di che la cera comincia a comparire sotto forma di esili lamelle sull'addome. A questo punto un'ape si stacca dal festone e sale verso la volta dell'arnia, dove depone la cera staccata dall'addome e manipolata dalle mandibole e costruisce un primo piccolo blocco; questa operaia rientrerà nel gruppo per lasciare il posto ad un'altra. Le cellette di un alveare non hanno tutte lo stesso scopo: infatti alcune servono per l'allevamento ed altre come deposito degli approvvigionamenti, miele e polline.
Le celle dove vengono deposte le uova sono chiuse da un opercolo di cera così come quelle che contengono miele, mentre le celle con il polline rimangono aperte. Un alveare può contenere da 30 a 100.000 operaie a seconda della grandezza dell'arnia; le api operaie hanno una vita non superiore alle 5-6 settimane nel periodo di grande lavoro, ma quelle nate in autunno riescono ad arrivare fino alla primavera.La società delle api è matriarcale e persistente, è inoltre monoginica e si moltiplica per sciami.
La società è divisa in tre caste: regina, fuchi ed operaie. L'ape regina è una femmina destinata, dopo il volo nuziale, a vivere nel nido deponendovi le uova, a meno che non debba sciamare.
Il primo sciame che esce da un alveare è infatti sempre guidato da una vecchia regina. Prima che esso si formi, le api operaie costruiscono un certo numero di celle reali, per ottenere regine destinate a rimanere nell'alveare oppure ad accompagnare successivi sciami. Quando la giovane regina, nata nella più vecchia di queste celle, si è liberata, cerca di uccidere le sorelle regali che si trovano ancora all'interno delle celle.
Questo fenomeno viene evitato perché sciami di operaie e maschi sono pronti a sciamare non appena le giovani regine escono dalle celle; al primo sciame ne seguiranno degli altri fino a quando ci saranno abbastanza api nell'alveare; a questo punto la prima regina che nasce e non sciama ucciderà le regine non nate e diventerà l'unica regina dell'alveare.

I fuchi sono maschi, nascono da uova non fecondate, deposte dalla regina in grosse celle esagonali ed, in via molto eccezionale, da operaie di alveari orfani divenute ovificatrici. I maschi sono più pesanti delle operaie, abbondantemente ricoperti di peli e ricchi di sensilli olfattori e tattili, servono esclusivamente alla fecondazione delle regine ed è per questo che si trovano nell'alveare quando la società è pronta per dividersi. La loro vita è molto breve, vivono circa 24 ore.
Le api operaie sono femmine che non depongono le uova salvo che in casi eccezionali. Le operaie delle api possono essere distinte in varie categorie a seconda dell'età, nella quale compiono lavori diversi. Le api giovanissime si dedicano alla pulizia delle celle; a partire dal terzo giorno alimentano con miele e polline le larve da operaie e da fuchi.
Quando hanno raggiunto dai tre ai sei giorni d'età, epoca nelle quale le loro ghiandole sopracerebrali entrano in funzione, secernono pappa reale che forniscono alle giovanissime larve. Soltanto più tardi, e cioè al quindicesimo giorno di età, si addestrano a divenire bottinatrici, con prudenti voli di orientamento nelle vicinanze dell'arnia; nel frattempo compiono la guardia all'alveare, collocandosi sulla porticina dell'arnia e scacciando tutti gli intrusi. Al ventesimo giorno divengono definitivamente bottinatrici, dedicandosi esclusivamente alla raccolta del nettare e del polline, in un raggio di volo di circa 4 o 5 km attorno all'alveare.
Le api bottinatrici, di ritorno all'alveare, segnalano alle compagne la posizione del bottino con una danza. Se il cibo è stato trovato in un raggio di 80 metri dall'alveare, l'ape esegue una danza circolare, che non dà altra informazione che la presenza di cibo nei dintorni; solo l'odore che emana dalla danzatrice darà alle sue compagne un'indicazione sulla specie di fiori che dovranno visitare. Se però i fiori che hanno fornito il nettare e il polline si trovano a distanza maggiore, allora l'ape esegue una danza più complicata: essa descrive un doppio cerchio a forma di 8, ed ogni volta che ripassa dall'intersezione dell'8 agita rapidamente l'addome.
Questa danza dà diverse informazioni: la distanza del bottino è espressa dalla frequenza della danza; infatti più esso è lontano, minore è il numero dei cicli completi descritti dall'insetto in un determinato tempo.
La direzione del bottino è indicata con riferimento alla posizione del sole in quel momento; ma poiché la danza si svolge sul favo che è verticale, mentre il bottino va ricercato in un piano orizzontale, così le api trasferiscono, nel loro linguaggio, le direzioni di un piano verticale, secondo la regola che lo zenith simboleggia la posizione del sole. Perciò se l'ape, nel momento in cui giunta all'intersezione dell'8, scodinzola, ha il capo rivolto verso l'alto, ciò significa che il bottino va ricercato in direzione del sole; se quando scodinzola è rivolta verso il basso, il bottino sarà in direzione opposta al sole; se è diretta a 60° a sinistra dello zenith, la fonte del cibo si troverà 60° a sinistra del sole.
La durata e la vivacità della danza forniscono indicazioni sulla qualità del cibo trovato.

L'accoppiamento avviene in volo. La regina vergine, dopo 5-6 giorni dallo sfarfallamento, esce per il volo nuziale, gira intorno all'alveare e si dirige verso l'alto seguita da uno stuolo di maschi. Dopo l'accoppiamento regina e fuco cadono in terra e la regina, liberatasi del corpo inerte del maschio, morto durante l'atto coniugale, ritorna all'alveare dove con l'aiuto delle operaie si libera dell'armatura genitale maschile, che tratteneva ancora nell'addome.
Qualche giorno dopo comincia a deporre le uova; la deposizione è più abbondante quando il raccolto è ricco e la temperatura favorevole, pertanto raggiunge un massimo in primavera ed in estate (fino a 3.000 uova), decresce in autunno e cessa nei mesi invernali, fatta eccezione per le località a clima temperato.
La regina inizia la deposizione nei favi più caldi e riparati del nido; introduce nella cella l'estremità dell'addome e vi lascia cadere un solo uovo. Incomincia generalmente nel centro del favo e prosegue la deposizione compiendo giri concentrici.
Il maggior numero delle celle sono delle operaie; soltanto in primavera, ed eccezionalmente in altri periodi dell'anno, compaiono i maschi e vengono costruite le celle reali; queste ultime predispongono la sciamatura.
Dalle piccole celle esagonali nascono le operaie; dalle grandi, sempre esagonali, schiudono i maschi, mentre nelle grosse celle del favo a forma di ghianda, le regine.
Dall'uovo, dopo tre giorni, schiude la larva; quando la larva ha raggiunto il suo pieno sviluppo, fodera la propria cella e la chiude con un involucro di seta e successivamente si trasforma in pupa.
Nel frattempo le operaie hanno chiuso la cella con un opercolo di cera che è leggermente convesso nelle celle delle operaie, molto convesso in quelle dei fuchi e nelle celle reali.
Al momento della schiusa, la giovane ape pratica una fenditura nell'opercolo e lo solleva per uscire. Le uova sono tutte identiche, sebbene quelle che daranno origine ai maschi non siano state fecondate. Le larve vengono nutrite per tre giorni con la pappa reale, in seguito il regime alimentare cambia a seconda del destino delle larve: le reali ricevono ancora pappa reale, mentre le altre ricevono miele e polline. La durata della vita larvale è di 24 giorni per i maschi, di 21 per le operaie e di 15 o 16 per le regine.
Quando le operaie sono pronte per sciamare si riempiono di miele e propoli ed aspettano che la regina prenda il volo per seguirla. Il nuovo alveare è di solito nelle vicinanze del vecchio.
Prima partono delle api esploratrici, che dopo aver trovato un posto adeguato tornano a chiamare le altre e compiono una danza identica a quella delle api bottinatrici; all'inizio le diverse esploratrici propongono vari luoghi ma solo quando tutte le danze sono concordi si parte e si fonda il nuovo alveare.

Le api sono provviste di un pungiglione formato da tre elementi: uno stiletto e da due lancette. Lo stiletto è provvisto di dentelli ricurvi che fanno in modo che l'animale non è più in grado di ritrarlo, una volta che l'ape usa il pungiglione è quindi destinata alla morte.
Le api hanno dei nemici, tra questi troviamo la varroa (Varroa jacobsoni) che è un acaro che si attacca sia alle larve che agli adulti e ne succhia i liquidi interni. Molto spesso si insinua nelle celle e ne uccide gli occupanti prima che nascono.
La maggior parte delle volte un alveare attaccato dalla varroa è destinato alla morte; gli allevatori se un alveare è infestato lo bruciano per evitare che il contagio si estenda ad altri alveari. È obbligatorio denunciare la presenza di quest'acaro negli alveari.
Le api producono diversi prodotti: il miele, la propoli, la pappa reale, la cera.
Il miele trae la sua origine dal nettare dei fiori. Subito dopo la suzione, già durante il viaggio di ritorno, la bottinatrice all'interno della sua borsa melaria (una specie di pre-stomaco) inizia la trasformazione in miele mediante l'aggiunta di enzimi da parte dell'apparato digerente. Il miele viene poi immagazzinato in apposite celle con opercolo. È costituito per 80% di zuccheri: soprattutto fruttosio e glucosio; le altre sostanze presenti sono sali minerali, alcoli, eteri, aldeidi, vitamine ed enzimi. Un chilogrammo di miele fornisce 3.200 calorie.
La propoli viene raccolta sulle gemme e sulla corteccia delle piante, portata all'interno dell'alveare ed elaborata. Alcune delle piante da cui viene raccolta la propoli sono: il pioppo, la betulla, l'ontano, l'abete rosso, il pino. Questa sostanza resinosa viene raccolta nelle ore più calde della giornata e portata all'interno dell'alveare ed utilizzata per le sue proprietà antisettiche.
Con questa sostanza si costruiscono barriere, si otturano delle fessure e si rivestono le pareti interne delle celle e dell'alveare; si usa anche per imbalsamare gli animali di grossa taglia che una volta uccisi a causa delle dimensioni e del peso rimangono nell'alveare.
L'uomo usa la propoli come antisettico de cavo orale.
La pappa reale è il prodotto delle ghiandole sopracerebrali nelle api operaie. È l'unico alimento delle api regine e per tutte le larve per i primi tre giorni di vita.
Un alveare ne produce per la commercializzazione poche decine di grammi l'anno. Contiene alte percentuali di zuccheri, proteine e grassi, ma è ricchissimo di vitamina B5, che stimola le funzioni cellulari per questo motivo viene usata come ricostituente.
La cera viene secreta da delle ghiandole delle operaie. È una sostanza grassa che viene emessa sotto forma di goccioline che poi si rapprendono in scaglie sul corpo. Prima di essere usata viene manipolata con le mandibole addizionandola con polline e propoli; serve per la costruzione dell'alveare.
Esistono molti tipi di miele ed ognuno possiede le caratteristiche del fiore da cui deriva e della zona di produzione. I mieli più famosi sono quelli d'acacia (biondo chiaro, liquido), di castagno (rossastro scuro, semiliquido, dall'alto valore nutritivo), d'arancio e di agrumi (molto chiaro, cristallizza velocemente), di tiglio (giallo chiaro, semisolido


Tipi e morfologia

Esistono quattro speceie di Api, l'Apis cerana, l'Apis florea, l'Apis dorsata, e l'Apis mellifica.
L'Ape cerana è diffusa in Cina, Giappone, India, in Siberia, e in Afghanistan. Vive in colonie poco popolose, e vengono normalmente allevate.
L'Ape dorsata o ape gigante dell'India, la posssiamo trovare nel Sud-Est asiatico fino alle Filippine. Costruisce il favo all'aperto, non è un ape domestica.
L'Ape florea è distribuita dove l'ape dorsata, con la differenza che è un ape di piccole dimensioni.
L'Ape mellifica è la più diffusa, e la possiamo trovare in Europa, Africa, Asia Occidentale, Americhe, Australia e Nuova Zelanda.Il corpo dell'ape adulta è composta dalla testa, il torace e l'addome.
Le api possono essere operaie, fuchi, o regina riconoscibili dal corpo più grande.
La testa dell'ape è triangolare, agli angoli superiori si trovano gli occhi, che le consentono di raggiungere i 360° di visuale. Le antenne sono di forma cilindrica, sono portate ripiegate, e servono come ricettori, per questo vengono frequentemente ripulite dal pulviscolo atmosferico. La ligula è quella proboscide, che inserisce nei fiori per aspirare il nettare. Il torace è ricoperto di peli, le zampe anteriori sono più corte e vengono usate per pulire le antenne dal polline, le zampe medie, sono più robuste e nella tibia si trova uno sperone che serve all'ape a staccare il polline.
Le zampe posteriori presentano all'esterno della tibia una concavità detta cestella, che usano come deposito temporaneo durante la raccolta del polline.
Le ali sono costituite da due sottili lamine, sovrapposte e ravvicinate, quelle posteriori sono più piccole delle anteriori.
L'addome è costituito da più segmenti o anelli, la cera viene prodotta solo dalle operaie tra il decimo e diciottesimo giorno di vita. L'ultimo anello dell'addome, a eccezione del fuco, è provvisto di pungiglione velenifero.
Quando la punta del pungilione, riamane conficcato nel corpo della vittima, l'ape tenta di estrarlo ma nello sforzo il suo addome si strappa, e in breve tempo muore.

Il ciclo vitale dell'ape
L'ape è un animale che si riproduce per partenogesi e lo fa con un ciclo vitale molto particolare. La regina depone le uova che verranno allevate dalle api operaie ma tali uova non sono tutte fecondate. La regina infatti si accoppia con l'ape maschio, il fuco, e grazie ad una particolare anatomia, può decidere quali ovuli fecondare e quali no. Gi ovuli fecondati si trasformano in femmine e gli ovuli non fecondati si trasformano in fuchi. Tra le femmine, mediante un meccanismo particolare di nutrimento, viene definita un'ape regina diploide che avrà il compito di riprodursi.
Questo sistema che prevede la nascita di maschi o femmine a seconda dello stato di fecondazione degli ovuli prende il nome di partenogesi aplodiploide.

La riproduzione aplodiploide delle api:
Ape operaia: Diploide, non depone uova. L'ape operaia deriva da un ovulo fecondato ma non nutrito con la pappa reale.
Ape regina: Diploide, depone le uova. L'ape regina deriva da un ovulo fecondato e nutrito, dalle operaie, con la pappa reale.
Fuco: Aploide, si riproduce fecondando la regina. Il fuco è un ape che deriva dall'ovulo deposto dalla regina senza essere stato fecondato.

PRESENTAZIONE

Sono a disposizione per domande e dubbi riguardo a tutto ciò che concerne salute e malattia.
Il mio punto di vista medico è prevalentemente quello psicosomatico integrato.
Lasciatemi un post con l'argomento che siete interessati ad approfondire, lo inserirò e ne discuteremo insieme.
Aspetto i vostri interventi!


Chiara Inesia

CUCCIOLI

Il tempo
la vita che ci accompagna
e ci nutre
racchiude in nido
cuccioli piumati
che il volo da soli prenderanno
per non essere cloni
ma unici pezzi inestimabili
di amore e verità

di Chiara Inesia Sampaolesi


JUNG E L'ASTROLOGIA, DALL'EPISOTOLARIO di Lioba Kirfel Barillà

La posizione di Jung nei confronti dell'astrologia, come risulta dalle sue lettere.

Il lettore italiano trova un riassunto delle lettere di Jung, nelle quali viene trattato l'argomento "astrologia" nel libro di Aldo Carotenuto "Jung e la cultura italiana" (1) che esaminò l'epistolario dal 1911 al 1958, basandosi sull'edizione inglese, pubblicata dalla Princeton University Press. Carotenuto dà ai lettori un giudizio complessivo sulla posizione di Jung nei confronti dell'astrologia, citando alcune frasi direttamente dalle lettere, limitandosi però ad un commento.
Il suo studio comincia così : "Nell'epistolario ci sono ben 23 lettere, dal 1911 al 1958, che hanno come argomento l'astrologia, ed in nessuna di esse, come è stato tentato di far credere, Jung manifesta la sua adesione all'astrologia." (2) L'esposizione finisce con la seguente conclusione : " ... ci sembra chiaro che Jung abbia considerato l'astrologia come un argomento da studiare per le implicazioni psicologiche, così come si studiano le memorie dei mistici o dei grandi ispirati. Niente di più. Voler quindi confondere l'interesse di Jung per l'astrologia con una rivalutazione implicita di essa è pura idiozia, come lo sarebbe se un virologo fosse anche considerato un untore. Che qualche povero uomo o povera donna, consultando un astrologo, tragga un certo sollievo, non dice nulla a proposito della validità dell'astrologia. Chi si rivolge all'astrologia è probabilmente in grave crisi psicologica e come tale soggetto a qualsiasi pratica suggestiva." (3)
Carotenuto dimostra quindi non soltanto una forte avversione contro l'astrologia, ma ritiene anche che Jung è stato altrettanto critico e distante nei confronti dell'argomento, non volendo compromettere la sua fama di scienziato con una materia tanto poco scientifica come l'astrologia.
A mio avviso Carotenuto evidenzia una posizione piena di pregiudizi e poco differenziata in materia astrologica, oltre ad attribuire a Jung un giudizio poco convincente o perfino negativo. Leggendo le lettere junghiane non si può certo dire che l'astrologia è stata l'argomento principale delle sue ricerche psicologiche; tuttavia è un quesito che dal 1911 al 1960 torna regolarmente nell'epistolario, concludendosi con la pubblicazione del libro sulla sincronicità (1952) in cui l'astrologia viene trattata ampiamente, il che dimostra che l'argomento ha avuto un posto non insignificante nella ricerca junghiana.
Ho fatto la stessa analisi di Carotenuto, basandomi però sulle lettere originali, pubblicate da Walter Verlag, Olten. Segue la traduzione delle lettere di Jung sul tema "astrologia", citando le parti più significative ed esaurienti delle lettere.


Al Prof. Sigmund Freud 12 - VI - 1911

... Di sera sono molto impegnato con l'astrologia. Sto facendo dei calcoli oroscopici per rintracciarvi il grado di verità psicologica. Fino adesso ci sono alcune cose strane che a Lei sicuramente devono sembrar incredibili. Nel caso di una signora, il calcolo delle costellazioni dava un'immagine caratteriologica molto specifica con vari eventi precisi, ma che non appartenevano a lei, ma a sua madre; da lei tale caratteristica corrispondeva perfettamente. La signora soffre di un fortissimo complesso materno. Devo dire che nell'astrologia un giorno si potrà scoprire una grande parte della conoscenza di modi intuitivi che è finita nel cielo. Sembra per esempio che i segni zodiacali sono immagini caratteriali, cioè simboli della libido, che rappresentano le caratteristiche libidiche tipiche...


Al dott. L. Oswald 8 - XII - 1928

... Lei fa bene supporre che io considero l'astrologia come un movimento simile alla teosofia che cerca di accontentare la irrazionale bramosia di conoscenza, portandoci però su una strada errata. L'astrologia si trova davanti alle porte dell'università, vedi il caso di un professore di Tubinga che si è sviato per l'astrologia e che ha tenuto un corso di astrologia all'università di Cardiff l'anno scorso. L'astrologia non è semplicemente una superstizione ma contiene certi dati di fatto psicologici (come anche la teosofia) che non sono di poca importanza. L'astrologia in verità non ha niente a che fare con gli astri, ma è la psicologia millenaria (5000 anni) dell'antichità e del medioevo. Purtroppo in questa lettera non posso fornire prove o spiegazioni. ... Ma in tutti quei campi strani c'è qualcosa che vale la pena di conoscere e che oggigiorno il razionalismo velocemente ha messo da parte. Questo "qualcosa" è la psicologia proiettata. ...


Al dott. Baur 29 - I - 1934

argomento : i calcoli astronomici non corrispondono a quelli astrologici

... Il fatto che l'astrologia fornisce tuttavia dei risultati validi prova che non sono le supposte posizioni degli astri che hanno un influsso, ma i periodi che vengono misurati oppure determinati tramite posizioni celesti arbitrariamente denominate. Perciò, il tempo risulta come un flusso di eventi carico di qualità e non come una concezione astratta oppure una condizione di ricognizione come vorrebbe la nostra filosofia. La validità dei risultati dell'I Cing indica nella stessa direzione. Un'analisi accurata dell'inconscio mostra una particolare coincidenza con il tempo che è anche un motivo per cui gli antichi potevano proiettare la cronologia dei contenuti inconsci e percepirli interiormente nelle indicazioni temporali di tipo astronomico. Questo dato di fatto è la base per il collegamento di eventi psichici con una indicazione temporale. Non si tratta quindi di un collegamento indiretto, come Lei presume, ma di un collegamento diretto. ...


Prof. J. B. Rhine novembre 1945
Duke University

Considero la parapsicologia un ramo o una disciplina della psicologia generale, o più specificamente della psicologia dell'inconscio. La psicologia dell'inconscio può dire molto sul rapporto spirito-corpo. La parapsicologia è in grado di dare prova dell'esistenza dei fenomeni fisiologici che hanno un influsso sugli oggetti materiali, oppure fanno apparire corpi fisici in posti dove prima non c'erano e dove non c'era una simile materia. Così la parapsicologia può chiarire il problema sul modo in cui il vivente viene formato e permanentemente riformato dalla psiche inconscia.
Innanzitutto la parapsicologia ha dimostrato che la psiche possiede un aspetto di tempo e spazio relativi.
Posso spiegare la percezione extrasensoriale solamente con la ipotesi di lavoro della relatività di tempo e di spazio. ...
Nella misura in cui la relatività di tempo e di spazio include la relatività della causalità e la psiche fa parte della relatività tempo-spazio, anche la causalità è soggetta al principio di relatività; e in quanto è microfisica, possiede una indipendenza almeno relativa dalla causalità assoluta. ...
Dal punto di vista psicologico la percezione extrasensoriale è una manifestazione dell'inconscio collettivo. Questa specifica psiche si comporta come ci fosse una (psiche) e non come fosse divisa in tante anime individuali. È non-personale (la definisco una psiche oggettiva). È dappertutto e in tutti i tempi la stessa (se non fosse così, non esisterebbe la psicologia comparata).
Siccome la psiche oggettiva non è limitata ad una persona, non viene nemmeno limitata ad un corpo. Si manifesta quindi non soltanto negli uomini, ma nello stesso tempo negli animali e perfino negli oggetti fisici (vedi l'I Cing e gli oroscopi del carattere). Questi ultimi fenomeni li definisco come la sincronicità di eventi archetipici. ...


Al Prof. B. V. Raman (India) 6 - IX - 1947

... Nelle diagnosi psicologiche difficili faccio spesso fare un oroscopo per acquistare un altro, nuovo punto di vista. In molti casi i dati astrologici contenevano una spiegazione per certi fatti che altrimenti non avrei capito. Da tali esperienze dedussi che l'astrologia è di particolare interesse per lo psicologo. Si basa su un fatto dell'esperienza psichica che chiamiamo "proiezioni", cioè sono per così dire contenuti psichici che troviamo nelle costellazioni degli astri. Originariamente nacque così l'idea che questi contenuti venivano dagli astri, mentre sono semplicemente in un rapporto sincronistico ...


Dott.ssa Aniela Jaffé 8 - IX - 1951

... L'astrologia non è un metodo mantico, ma sembra di basarsi su radiazioni di protoni (dal sole). Devo fare un esperimento statistico per esserne sicuro. ...


Prof. John Thorburn 6 - II - 1952

... Mi ha interessato molto ciò che scrive sui suoi interessi astrologici. Negli ultimi anni me ne sono occupato molto come anche di problemi aderenti e credo che l'argomento mi tiene ancora in qualche modo occupato, cioè il mio inconscio si aggira attorno al problema del tempo. Però non sono in grado di dire precisamente che cosa ne penso; di tanto in tanto acchiappo un scintilla di quello che "esso" ne pensa. In qualche modo è collegato con il tema discusso ultimamente dalla Society for Psychical Research. Un dott. G. R. Smythies proponeva una nuova teoria sullo spazio assoluto o dello spazio-tempo assoluto. ...


Al Prof. Bender 12 - II - 1958

argomento : libro sulla sincronicità


... Il fenomeno sincronistico del mio esperimento consiste nel fatto che in tutti e tre i pacchetti l'aspettativa classica dell'astrologia è risultata vera; ciò rappresenta una improbabilità estremamente grande, sebbene le varie cifre non sono significative. In linea di principio un tale risultato non ha niente a che fare con l'astrologia, ma potrebbe accadere eventualmente con un statistica qualsiasi. Poiché l'esperimento astrologico è per tutta la sua natura un colpo di fortuna; se non fosse così sarebbe casuale. Probabilmente lo è però soltanto in minima parte. ... Lo psicologo che si occupa di processi nell'inconscio sa che tali strani "casi" preferibilmente accadono nell'ambito delle condizioni archetipiche e che spesso una disposizione psichica interiore sembra essere rappresentata da una disposizione parallela che accade nello stesso momento senza che ci sia una dipendenza casuale, in una persona oppure in un animale oppure in un evento. ... Perciò sarebbe meglio (...) riunire tutti i fenomeni che oltrepassano il limite della probabilità sotto l'unico aspetto del significativo colpo di fortuna e di analizzare in quali condizioni emotive tali coincidenze appaiono. ... La mia impostazione mira alle condizioni psichiche del loro apparire, e rinuncio ad una spiegazione energetica semi-fisica. ...


Al Prof. Hans Bender 10 - IV - 1958


... Una spiegazione del fenomeno astrologico è infatti una faccenda difficile. Non sono affatto tentato di dare una spiegazione "o ... oppure". Uso dire : "sia ... sia" e "oppure". Questo. Questo mi sembra anche il caso dell'astrologia. La cosa più ovvia mi sembra, come Lei appunto giustamente sottolinea, il concetto parallelistico. Coincide con la teoria Geulinex-Leibniz sulle corrispondenze collaterali, formulata molto chiaramente da Schopenhauer. (...).
La critica che oppongo a questa teoria è che presuppone una rigida causalità, cioè si basa su una causalità assiomatica. Perciò dovrebbe essere (la corrispondenza parallelistica) regolare. Ma questo è soltanto in un certo modo il caso con numeri molto alti, come ha dimostrato Rhine.
... Il concetto della sincronicità rinuncia a questa "harmonia praestabilita" cioè ad un parallelismo per il motivo che, se si trattasse di quest'ultimo principio, dovrebbe esistere un numero di corrispondenze molto più alto che dovrebbe apparire più regolarmente di quanto in verità accada. ... Anche se non possiamo immaginarci un legame causale e quindi necessario tra un evento e una sua determinazione temporale (l'oroscopo), pare comunque che esista un tale collegamento, poiché ci si basa su una surriportata interpretazione dell'oroscopo, che presuppone e motiva una certa regolarità del fenomeno. Se quindi attribuiamo anche soltanto un limitato senso all'oroscopo, confermiamo già un presente collegamento necessario fra evento e costellazione astrale.
C'è da aggiungere che l'intera determinazione temporale nell'astrologia non corrisponde a nessuna costellazione astrale vera, siccome il punto vernale si è già spostato da lungo tempo dall'Ariete nei Pesci, e che da Ipparco in poi il punto vernale è stato fissato artificialmente a Zero gradi dell'Ariete. La distribuzione delle case è però del tutto fittizia, e quindi è da scartare la possibilità di un collegamento causale con le varie posizioni degli astri e abbiamo a che fare con una determinazione temporale puramente simbolica. Tuttavia rimane la distribuzione generale delle varie stagioni, un fatto importante per l'oroscopo. Poi ci sono per esempio le nascite primaverili ed autunnali che hanno un ruolo particolare nel mondo degli animali. Ci sono anche, oltre agli influssi stagionali, le variabili delle radiazioni dei protoni che hanno, come è stato dimostrato, un notevole influsso sulla vita umana. Sono tutti influssi spiegabili causalmente che parlano a favore dell'esistenza di un collegamento astrologico regolare. Perciò sono tentato, quando è il caso, di includere l'astrologia fra le scienze naturali.
Ma d'altra parte risultano dall'osservazione astrologica anche dei casi in cui si esita a riconoscere valida una spiegazione puramente causale. Per conto mio, in tali casi di previsioni straordinari, ho l'impressione che si tratti di un colpo di fortuna significativo, cioè una coincidenza perché una previsione mi sembra sforzare la possibilità di una spiegazione causale per motivo della sua estrema improbabilità; di conseguenza vorrei prendere in considerazione la spiegazione del principio di sincronicità.
... Come già ribadito, l'astrologia sembra richiedere varie ipotesi e non sono in grado di dichiararmi per l'una o l'altra. Bisognerà rifugiarsi in una spiegazione mista, visto che la natura non si preoccupa di tenere troppo separati ed in ordine i concetti intellettuali che noi usiamo. ...


Stephen Abrams 5 - III - 1959
Parapsychology Society, Chicago

... L'unica cosa che posso dire è che nella maggior parte dei casi sincronistici è costellato un archetipo. Questo è il massimo che posso dire sulla psicologia della sincronicità. L'archetipo ha, come i numeri naturali, la particolare qualità di essere da una parte un fenomeno soggettivo psichico, e dall'altra parte di possedere un'esistenza oggettiva. Come esistono equazioni che concordano a posteriori con fatti naturali, così esistono anche fatti naturali che concordano a posteriori con delle immagini archetipiche. ...


Kurt Hoffmann 3 - VI - 1960

argomento : l'astrologia dei primitivi

... le proiezioni ed interpretazioni coincidono all'incirca con gli albori della coscienza umana ragionante.
C'è un fatto da tenere presente, che non facciamo delle proiezioni ma che essi ci accadono. Questo permette la conclusione che abbiamo letto nelle stelle le nostre prime conoscenze fisiche e innanzitutto psicologiche. Cioè nel più lontano il più vicino. ...


La lettura delle lettere di C. G. Jung evidenzia il suo progressivo interesse per l'argomento astrologico contemporaneamente ad una sua ricerca nel campo psicologico che si espande da uno studio dell'inconscio individuale a quello collettivo per arrivare ad una connessione tra psiche, mitologia e funzione simbolica. Negli anni 1909-1911 - poco prima delle prime lettere sul tema "astrologia" - Jung lavora sulla sua opera "La libido, simboli della trasformazione" (pubblicato nel 1912) e segue quindi già lo studio della funzione archetipica; non stupisce allora la sua ipotesi che i segni zodiacali potrebbero essere delle caratteristiche libidiche.
La ricerca conduce Jung ad affermare la realtà dell'inconscio collettivo che si manifesta in forma onirica dei simboli, per esempio per l'astrologia nei dodici segni zodiacali.
Con il lavoro sui simboli e trasformazioni della libido, Jung si stacca anche definitivamente dal rigido pensiero di S. Freud. La psiche non è più, come per Freud, un dato commensurabile con contenuti immutabili, bensì un prodotto di una evoluzione incessante. Alla psiche è inerente una dinamica composta dai complessi, archetipi e simboli. Jung intravede nell'astrologia la stessa dinamica, proiettata nella costellazione astrale e l'oroscopo rispecchia, nel grafico circolare, un complesso archetipico.
In seguito viene definita la funzione dell'archetipo come base essenziale per un ordinamento dei processi psichici, senza però attribuirle la funzione della causa prima. La presenza di un archetipo garantisce l'ordine e lo svolgimento di un processo psichico, tuttavia l'inconscio ed i suoi componenti funzionano in maniera del tutto autonoma, fuori dai processi causali o razionali. Di conseguenza, la difficoltà di inserire fenomeni come l'astrologia o quelli mantici in genere, in un ambito razionale come la statistica. Questi fenomeni mantengono sempre una loro imprevedibilità rivelando la loro dinamica psichica nell'atto creativo, come lo è per esempio la lettura di un oroscopo.
Più tardi Jung attribuisce all'oroscopo anche una funzione del tempo e più specificamente del tempo qualitativo: un elemento che diventa decisivo per la definizione del concetto di "sincronicità".
L'ipotesi che dietro le manifestazioni psichiche apparentemente acausali si nasconda un altro strato di psiche occulta fuori della dimensione spazio-tempo, apre a Jung la porta al campo oscuro della parapsicologia. Sperando di trovare chiarimenti sugli eventi paranormali, causali e al di fuori di spiegazioni scientifiche, percepiti soltanto per via di intuizione, si mette in contatto con le ricerche parapsicologiche di J. Rhine. Oltre a fornirgli del materiale classificato secondo la metodologia statistica, emergono interrogativi più specifici che aprono nuove prospettive anche per le arti mantiche come l'astrologia.
L'influsso emotivo come fattore determinante nei risultati degli esperimenti di Rhine spinge Jung a confermare che la funzione archetipica stesse alla base dei risultati sorprendenti.
Era noto che l'effetto emotivo producesse un "abaissement du niveau mental", una sopraffazione della coscienza da parte dei contenuti inconsci. La percezione di spazio e tempo si riduce completamente, regna soltanto un continuum spazio-temporale che rende possibile la coincidenza e la simultaneità di eventi psichici e non-psichici; eventi che manifestano un legame fra di loro basato su una comunanza di significato, ma non un meccanismo causa-effetto.
Jung definì tali eventi da allora in poi come eventi "sincronistici" secondo la sua teoria esposta ed affermata nel suo libro "La sincronicità come principio di nessi acausali", pubblicato nel 1952 (5). Dichiara in questo libro che la concezione scientifica sulla regolarità delle leggi di natura, basata sulla causalità, ha da un punto di vista psicologico, soltanto una validità parziale, perché non tiene atto dei fattori psicologici che invece sono determinanti nello svolgimento e per lo stesso risultato, per esempio, di una statistica (vedi "l'esperimento astrologico" citato nel suo libro). Tali fattori - l'affettività delle persone coinvolte - si basano sull'operare degli istinti, il cui aspetto formale è l'archetipo. (6)
Il fenomeno della sincronicità risulta quindi come coincidenza di due fattori : 1) un'immagine inconscia si presenta direttamente (letteralmente) o indirettamente (simboleggiata o accennata) alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento; 2) un dato di fatto obbiettivo coincide con questo contenuto. (7) Applicato all'oroscopo significa che il dato di fatto esterno, oggettivo è la posizione degli astri nel tema natale, rappresentata nel grafico oroscopico, la sua interpretazione invece rappresenta l'immagine inconscia della persona, costellata da uno o più archetipi, con i quali l'astrologo deve mettersi in sintonia. L'oroscopo funziona soltanto se si verifichi una sincronicità tra l'immagine della costellazione celeste ed il cielo psichico all'interno di una persona.



La posizione diErnst Bernhard nei confronti dell'astrologia:


I pensieri di E. Bernhard riguardanti l'astrologia - qui riportati in quanto primo insegnamento per N. Sementowsky-Kurilo per l'aspetto psicoanalitico dell'astrologia - si trovano nell'unico scritto da lui pervenutoci, la "Mitobiografia" (8).
Sull'argomento astrologico, come su altri argomenti ad esso connessi(i sogni, l'I Cing), Bernhard ci offre una sua visione estremamente ampia e profonda che non si può collocare nell'ambito strettamente psicoanalitico-scientifico (come Jung), ma che include un atteggiamento etico-religioso, vedendo la vita individuale, sia fisica che psichica, legata ad un percorso di destino inserito nel grande processo di sviluppo dell'umanità all'interno del cosmo :
"La grande misteriosa legge del tempo regna anche nel cosiddetto sincronismo (Jung), si sperimenta nell'I King, nel parallelismo psicofisico, nell'armonia prestabilita (Leibniz) e con accentuazione pratica nell'astrologia. Il luogo e il tempo della nascita sono il punto d'incidenza, ma c'è anche un fattore individuale (se si tratti di un uomo, di animale, di pianta, di stato, di varo di nave, o se l'uomo veda la luce come re o come muratore). Qui interferiscono diverse leggi, che infine trovano posto entro la legge individuale. In tale modo gettiamo anche un po' di luce sulla celebre formula astrologica: le stelle "inclinano" ma non costringono; noi diremmo: la costellazione degli astri, a partire dal momento e dal luogo della nascita e con riferimento a essi, si adempie come legge cosmica temporale, a cui tutto in quel momento è soggetto; viene però utilizzata e indirizzata dalla legge entelechiale individuale che si realizza col suo aiuto e attraverso essa. - Ora anche le stelle sono proiezioni, "organi" dell'uomo, create dalle sue immagini. - ... Come la pianta anima il tempo terrestre, l'animale lo spazio terrestre, così l'uomo anima il tempo e lo spazio dell'universo e vi ritrova tanto le proprie immagini interne, quanto il proprio destino esterno. Egli riconosce qui consapevolmente, nell'estrema lontananza, la propria legge interna, che nella cornice del suo destino necessariamente si adempie, plasmata però in un modo unico dalla vera e propria legge entelechiale." (9)
Apparentemente Bernhard si muove nell'ambito del pensiero junghiano, confermando pienamente l'idea della proiezione psichica che sta alla base della considerazione astrologica, come pure l'aspetto del tempo (qualitativo) che è decisivo sia per il tracciare dell'oroscopo sia per la sua interpretazione. Troviamo anche la riserva con la quale dobbiamo accettare l'influsso astrale sulla nostra vita. Il concetto del destino - estraneo a Jung per il discorso astrologico - è per Bernhard fondamentale, e strettamente collegato al concetto dell'entelechia: "Il mondo dei fenomeni e degli accadimenti è vita e manifestazione delle "immagini". Il suo ordine e il suo corso sono determinati dall'entelechia. L'entelechia si esprime attraverso le immagini sui tre noti piani, come istanza autonoma, nella identificazione e nella proiezione. ... La trasformazione dell'uomo singolo è alla fine il confronto tra un'entelechia karmica (archetipi dei genitori, nascite anteriori, animale, pianta, pietra ecc.) e l'entelechia individuale. Dietro al dualismo "entelechia individuale e entelechia karmica" è da porre un'unità entelechiale superiore (Tao) ....
In un processo d'individuazione l'entelechia collettiva viene usata per così dire come materiale per la realizzazione dell'entelechia individuale; con la vittoria dell'entelechia collettiva quella individuale viene costretta al servizio di quella collettiva. ...
L'ethos è immanente all'entelechia e anch'esso costruito su una contrapposizione (necessità del dislivello energetico). Corrisponde all'impulso che l'entelechia ha di realizzarsi, che si afferma come coercizione interna (...) e non consente alcuna deviazione, neppure minima. Così l'ethos è una qualità dell'entelechia. ...
L'entelechia è libera. Il suo ultimo rappresentante in me è la tendenza all'individuazione. In quanto la seguo sono libero. Seguire questa tendenza è l'unica libertà. Ma poiché essa è soprapersonale (ossia poiché la tendenza all'individuazione non proviene dal mio Io) non vi è una libertà personale, sebbene una impersonale che io posso sperimentare come libertà entro una amorosa necessità." (10)
"In base al principio della dottrina dell'ereditarietà è dimostrato che certi motivi di destino, di personalità e di costituzione ritornano continuamente nel corso delle generazioni. ... La sensazione di una certezza "storica" manifesta la presenza di un archetipo che opera in noi come complesso autonomo. (Queste cose sono molto comprensibili a un astrologo, che conosce l'ereditarietà di particolari costellazioni planetarie e zodiacali. ...).
La problematica essenziale che ora si presenta è la questione dell'Io. Anch'esso può venire ereditato come cosiddetto complesso dell'Io e la totalità della psiche - in certe circostanze con un particolare colorito caratteriologico, come, ad esempio, lo esprime l'Ascendente. Un tale complesso ereditario non è naturalmente "lo stesso" di allora, poiché, ad esempio, lo troviamo persino contemporaneamente presente in diversi membri di una stessa famiglia.
Il rapporto tra quello di allora e quello di oggi è da intendersi solo entelechialmente, dove l'entelechia si compone delle varie immagini. ... Il fatto che un "problema" comune si estenda attraverso la vita di un'intera famiglia, di una stirpe, di un ceppo, di un popolo, ci pone nuove domande. Qui vive un essere sopra-individuale, distribuito nella problematica di singoli individui. Così, risolvendo il proprio problema individuale, si risolve anche quello generale!" (11)
Bernhard vede l'astrologia come un sistema utile ed idoneo a raggiungere maggior chiarezza e consapevolezza della propria esistenza psicofisica, come anche al proprio inserimento nel grande processo cosmologico. È evidente che non esamina il quesito astrologico come un fenomeno da analizzare in sé e per sé, perché è convinto dell'attendibilità del risultato astrologico che fornisce o più precisamente fa percepire dati di fatto psichici che sono rappresentati dal tema natale.
Questa "efficacia" è per lui sufficiente per accettare l'astrologia come sistema simbolico che ci mette in contatto con l'inconscio individuale e collettivo.
Da questo quadro ontologico-psichico dell'individuo, la sua visione si espande - e questo è nuovo - anche sul piano trascendentale. Il destino di ognuno è sia un essere legato a una grande legge cosmologica ("karmica") che ad una "armoniosa necessità", cioè una consapevolezza del proprio bisogno religioso-etico per far luce su tutti i quesiti esistenziali dell'essere umano.
Tuttavia questo determinismo e la mancanza di una libertà personale trova una via d'uscita nella "legge entelechiale" che l'uomo sente come impulso all'individuazione. Seguendo questo impulso, che implica appunto un atteggiamento etico, l'individuo si autorealizza e mira verso la sua unità con il Sé, raggiunge quindi un livello superiore / trascendentale dal puro stato psicofisico. Questa via è accompagnata da vie intuitive e sistemi simbolici come lo è appunto l'astrologia.


NOTE :

(1) Carotenuto, Aldo : Jung e la cultura italiana. Roma 1977
(2) idem, p.117
(3) idem, p. 119
(4) Jung, Carl Gustav : Briefe 3 Vol., Olten 1972-1973
(5) Jung, Carl Gustav : La sincronicità come principio di nessi
acausali. in : C.G.Jung Opere, Vol. 8 Boringhieri 1976
(6) idem, p. 470
(7) idem, p. 477
(8) Bernhard, Ernst : Mitobiografia, Milano 1969
(9) idem, p. 86-87
(10) idem, p. 20-24
(11) idem, p. 115-117

Pubblicato sul numero 6 (Aprile 1991) di Ricerca ’90

PER AMORE O PER FORZA

…...

Insieme. Tenendosi piano
sul corpo svelato
al tatto, al gusto
violato
dall’occhio, da mano.
Un senso perduto
ripreso,
in lenta caduta
di peso, si lascia
di volta
in volta, si piega
si rende al suo volo.
Nel fondo, nel morso
distesi
slittati, confusi
arresi alla stretta cintura.

…….

Avviene di sovente
per norma o per errore
che ogni essere vivente
in stato di accadere
sia condizionato
nelle sue funzioni
dalle sensazioni
di dolore o di piacere

……

(Lo incalza l’ansia
di stare alla presenza
del corpo amato
ma, dopo averlo visto
e più e più toccato, è
con dispetto costretto
a riconoscersi saziato
e già con il pensiero
è scivolato
all’atto di lasciarlo
per essere di nuovo
sul punto di trovarlo.)

da Per amore o per forza di Paolo Ruffilli
http://www.paoloruffilli.it/

I SETTE SPECCHI ESSENI di Gregg Braden

tratto da Camminare fra i Mondi

Gli antichi Esseni forse identificarono meglio di chiunque altro il ruolo dei rapporti umani, riuscendo a dividerli in categorie.
Si distinguono 7 misteri corrispondenti ai vari tipi di rapporto che ciascun essere umano avrebbe esperimentato nel corso della sua vita di relazione. Gli Esseni li hanno definiti “specchi” e ci fanno ricordare che in ogni momento della nostra vita la nostra realtà interiore ci viene rispecchiata dalle azioni, dalle scelte e dal linguaggio di coloro che ci circondano.

IL 1° SPECCHIO ESSENO
Il primo specchio esseno, dei rapporti umani, è quello della nostra presenza nel momento presente.
Il mistero del Primo specchio è incentrato su cosa noi inviamo nel momento presente, alle persone che ci stanno accanto.
Quando ci troviamo circondati da individui e modelli di rapporto di comportamento in cui domina l’aspetto della rabbia o della paura, lo specchio funziona in entrambi i sensi, potrebbe invece trattarsi di gioia, estasi e felicità, ciò che vediamo nel primo specchio è l’immagine di quello che noi siamo nel presente. Chi ci è vicino ce lo rimanda, rispecchiandoci.

IL 2° SPECCHIO ESSENO
Il secondo specchio esseno, dei rapporti umani, ha una qualità simile alla precedente ma è un po’ più sottile. Anziché riflettere ciò che siamo, ci rimanda ciò che noi giudichiamo nel momento presente.
Se siete circondati da persone, i cui modelli di comportamento vi provocano frustrazione o scatenano la vostra rabbia o astio e se percepite che quei modelli non sono vostri in quel momento, allora chiedetevi: Mi stanno mostrando me stesso nel presente? Se potete onestamente rispondervi con un no c’è una buona probabilità che vi stiano invece mostrando ciò che voi giudicate nel momento presente. La rabbia, l’astio o la gioia che voi state giudicando.
Pensiamo a quando varie persone impersonano gli stessi modelli per voi esprimendo rabbia ed astio. Vi è mai capitato di essere irritati o ansiosi di arrivare da qualche parte e di salire in macchina rendendovi conto che avete fatto continuamente delle scelte sbagliate: in banca avete scelto la fila più lenta, avete sbagliato la rampa di accesso nel raccordo stradale, e ora mentre guidate vi ritrovate dietro a macchine che vanno a 50 Km all’ora in una strada dove si potrebbe andare a 100? Può darsi che quelle persone vi stiano riflettendo ciò che siete in quel momento.
Spesso il mistero del primo specchio rappresenta esattamente ciò che sta succedendo A volte siamo in presenza di persone che ci rimandano come siamo in quel momento e altre volte non è così. Allora la gente dice che gli specchi non funzionano.
Invece funzionano! Se abbiamo la saggezza di comprendere cosa ci stanno dicendo.
Alcuni anni fa ho avuto la rarissima possibilità di vedere entrare nella mia vita tre persone diverse durante lo stesso mese. Avrebbe dovuto essere un segno premonitore abbastanza chiaro per me! Quando tre nuovi rapporti umani, diversi fra loro, si presentano durante lo stesso mese, è come una bandierina che dice: “ Qui sta per accadere qualcosa! Credeteci!
Uno era un potenziale rapporto amoroso
Un altro era un potenziale rapporto d’affari.
Il terzo era un misto di amicizia e di lavoro.
Fu ciascuna di quelle tre persone a venire da me, ognuno di loro mi aveva cercato. Questo avrebbe dovuto essere il secondo segno.
Il rapporto amoroso riguardava una persona con cui avevo lavorato; avevamo passato molto tempo insieme scoprendo vari interessi comuni e, stare con lei, aveva senso per me. Non era tanto una potente attrazione magnetica, quanto la cosa giusta da fare.
Il secondo rapporto, quello d’affari, era molto interessante. Ero occupatissimo a svolgere seminari a tempo pieno in quel momento e una persona, un uomo, venne da me offrendosi di curare gli aspetti logistici del mio lavoro, il che mi avrebbe permesso di fare altre cose, che mi premevano di più, mentre lui avrebbe potuto svolgere compiti che gli riuscivano facili. Sembrava una buona idea.
Il terzo rapporto era di amicizia e quasi di affari e riguardava un bravissimo falegname che si offrì di prendersi cura della mia casa nel Nuovo Messico Settentrionale durante l’autunno successivo quando avrei condotto un gruppo in Egitto.
In effetti avevo già cominciato a cercare qualcuno che abitasse nella mia proprietà, quindi anche quella mi sembrò una cosa giusta da fare.
L’uomo mi disse che gli sarebbe piaciuto stare da me in cambio di servizi di falegnameria e di custodia della casa.
Tutto mi accadde quasi contemporaneamente in un periodo della mia vita in cui ero veramente molto impegnato.
Io decisi di farlo e in quello stesso mese ciascuno delle tre persone che erano entrate nella mia vita, ognuna di loro cominciò a farmi impazzire. Mi facevano veramente imbestialire. C’era un modello che mi si era presentato varie volte nella mia vita. Quando le cose mi rendevano furioso, io usavo la logica e mi dicevo: “Beh, sei solo stanco, hai viaggiato molto, sei sotto pressione, in questo momento, prenditi un’altra settimana di tempo forse due, per vedere come vanno le cose.” Quindi partivo – e l’ho fatto anche con quelle persone. Facevo un viaggio, tornavo una decina di giorni dopo e tutto era come prima, e allora ripartivo.
Avevo una routine a quell’epoca. Facevo un viaggio, tornavo all’aereoporto di Albuquerque, mi fermavo al bancomat per prelevare dei contanti, andavo a prendere i miei animali dal veterinario che li aveva in custodia, tiravo fuori l’auto dal parcheggio, facevo il pieno e guidavo per quattro ore fino a casa nel Nuovo Messico del Nord.
Durante quello specifico viaggio iniziai la solita routine e non andai molto lontano perché, arrivato al Bancomat dell’aereoporto di Albuquerque, alle 5 di pomeriggio, mi vidi recapitare il messaggio che sul mio conto non c’era più niente.
Sapevo che si trattava di un errore e che il conto era ben fornito, perché mi era appena stato concesso un permesso di costruzione per un’attività da realizzare sulla mia proprietà ed avevo molti soldi a disposizione per questo. Quindi decisi che avrei verificato tutto il lunedì mattina successivo.
Guidai fino a casa e il lunedì mattina, puntualmente chiamai la banca dove mi dissero che non solo non c’era denaro sul conto ma che avevo anche 71 assegni scoperti e che per ciascun assegno c’era una penale da pagare.
Poi mi chiesero quando sarei potuto passare in banca a discutere la situazione.
Ci andai immediatamente
Uno di quegli assegni era all’ordine del mio caro amico Jerry Home e questo è il modo in cui ci siamo conosciuti.
Andai in banca e chiesi cos’era successo. Mi risposero che c’era stato un prelievo per mezzo di un bonifico telegrafico, che non era stato autorizzato da me, nonostante la banca avesse creduto il contrario e che tutto il denaro era stato prelevato fino all’ultimo centesimo. Quindi gli assegni che avevo già emesso erano scoperti e mi erano stati addebitati.
Quando qualcosa del genere accade non c’è nessun senso nel razionalizzare. Non si può farci niente.
Siccome non avevo neanche i soldi per fare benzina e per riprendere i miei animali dal veterinario, fui costretto a cercare di rendermi conto pienamente di cosa mi stava succedendo. Ricordo di aver pensato: “Santo cielo! Qui sta succedendo qualcosa di grosso”. Avevo appena terminato di svolgere una serie di seminari nel Nord Ovest del Pacifico durati circa un mese e gli organizzatori di quei programmi mi stavano dando mille ragioni per cui non c’erano ancora fondi per pagarmi. Nel frattempo l’uomo che viveva nella mia proprietà in cambio di lavori di falegnameria – questo è un argomento veramente molto delicato per me – diciamo che aveva scelto uno stile di vita che non solo non corrispondeva a quello della nostra proprietà, ma era anche illegale nello Stato del Nuovo Messico ed io gli avevo chiesto di cambiare stile di vita.
Quindi tutte quelle cose mi accadevano contemporaneamente ed io mi sono detto: “Ebbene, se è vero che gli specchi funzionano, ovviamente me ne vengono presentati alcuni in questo momento. Cosa mi stanno dicendo?” Sono così andato a fare una passeggiata – non avevo molta scelta quel giorno – in una bellissima strada che da casa nostra si inoltra per circa quattro miglia fino alle gole del Rio Grande ed è un meraviglioso santuario naturale. Lungo quella strada c’è un’enorme montagna, chiamata il “Pick”.
Gli indiani raccontano un sacco di storie su quella montagna sacra che segna la fine dei loro terreni di caccia. Avevo immaginato dei libri e condotto interi seminari su quella strada e poi ero andato a casa e li avevo trascritti al computer.
Mi chiesi nuovamente: “Se gli specchi funzionano, che aspetto di me stanno riflettendo queste persone?” Sapevo che avrei dovuto trovare un filo conduttore comune- Quindi cominciai ad analizzare cosa rappresentava per me ciascuno di quei rapporti. Analizzai molte possibilità e quando ebbi finito sapevo che ciascun rapporto era collegato ad elementi di onesta, integrità e fiducia. Quindi mi sono detto: “Se questo specchio è vero, se queste persone stanno riflettendo tali modelli di comportamento, mi stanno forse mostrando che in qualche modo io manco di onestà, di integrità o di fiducia?”
Ed ancora prima che io formulassi quella frase ero certo che non fosse così, perché quelle erano proprio le qualità che applicavo nel mio lavoro. Esattamente quelle. Allo stesso tempo ebbi un’illuminazione, così potente e sottile che mi fece realizzare questo: Gli specchi non mi stavano mostrando – come avevo pensato – un riflesso di ciò che io ero nel momento presente, mi stavano invece proponendo un’immagine più sottile: lo specchio di ciò che io giudicavo in quel momento, lo specchio di come giudicavo, proprio in quel momento. Solo questo.
Avevo in me una fortissima carica su l’onestà, integrità e fiducia,. Era una carica tale che non ero disposto a permettere che esistesse in altre persone. Quando avete una carica emotiva su qualcosa, che cosa vi promette? Promette che la incontrerete nella vita. Io avevo quella carica.
Ciascuna delle tre persone che erano entrate nella mia vita – ora lo so – era un potente ed abile maestro che impeccabilmente ha retto uno specchio davanti a me riflettendo le mie cariche più potenti. Il processo fu relativamente breve, anche se sarebbe potuto durare per anni. Forse era stato davvero così, forse quegli specchi mi erano già stati mostrati per molto tempo a dei livelli tanto sottili che non li avevo riconosciuti. Poi erano divenuti sempre meno impercettibili, fino a che successe qualcosa che non avevo potuto ignorare.
In quel momento della mia vita mi fu mostrato quello specchio, in quel momento avevo davanti a me il secondo mistero dei rapporti umani ciò che giudichiamo nel momento presente.
A proposito dell’uomo che si era offerto di organizzare i miei seminari, l’attimo in cui ci eravamo conosciuti a casa di un comune amico in California del Nord, era successo qualcosa di interessante. Non ci eravamo ancora incontrati di persona. Avevamo solo parlato per telefono e appena lo vidi gli posi una domanda che faccio raramente: “Qual è la sua data di nascita?” Rispose “28 giugno 1954”. Ed io ne fui molto stupito perché era anche la mia! Lo stesso giorno, mese e anno!
Anch’io come tutti quelli del segno del Cancro vivo in un mondo fatto di sentimenti, sono un doppio segno del Cancro e questo significa il doppio di sentimenti, inoltre ho 5 o 6 pianeti nella dodicesima casa, tutti nel segno del Cancro, quindi il mio mondo è un mondo di sentimenti. Il mio sentiero di vita è stato quello di conciliare il sentimento con il mondo accademico e scientifico attraverso il lavoro nelle imprese e nelle università. Ho guardato in faccia quell’uomo e gli ho detto che, sicuramente anche lui, aveva avuto le stesse esperienze. Un altro uomo del Cancro! Che fantastica persona con cui entrare in affari!. Lui allora mi guardò direttamente negli occhi e mi disse qualcosa di cui non tenni conto perché stavo usando la logica. “Ah, io sono il suo gemello negativo” mi rispose. Io non ascoltati, perché la logica mi diceva “Sta solo scherzando”, però provavo una strana sensazione qui, anche con l’uomo che si trasferì nella mia proprietà per prendersene cura in cambio di ospitalità provai una certa sensazione ma non ci feci attenzione, perché la mia logica diceva: non lo conosci nemmeno, perché lo giudichi?
Anche nel rapporto amoroso provai una certa sensazione e la mia logica mi disse: Beh, quella sensazione ti viene dall’ultima volta in cui hai sofferto, quindi dai una possibilità a questo nuovo rapporto!.
La ragione per cui vi racconto queste storie è che in ciascuna di esse provai una sensazione immediata e che ciascuna mi procurò più di una lezione, come ho detto anche ad altri che hanno trovato questi esempi molto stimolanti. Era una lezione di cui non mi importava in quel momento.
Durante la settimana in cui io riconobbi il modello del giudizio e cioè che ciascuna di quelle persone era un maestro nel rispecchiarmi le cose che giudicavo, ogni altro rapporto che esisteva in virtù del giudizio critico, iniziò a scomparire dalla mia vita. E’ un effetto a catena. Ve lo dico perché so che funziona proprio così. Se vivete un certo modello in un area della vostra vita, esso rispunta anche altrove e una volta che viene guarito ed appianato, anche in una sola aerea, guarisce dappertutto, simultaneamente, perché la nostra natura è oleografica. La consapevolezza funziona così: si riflette su moltissimi livelli diversi.
Il rapporto con l’uomo che si era offerto di entrare in affari con me non funzionò affatto, anche se io sentivo di avergli dato ampie opportunità.
In effetti però funzionò bene perché mi offrì uno specchio, anche se non sapevo cosa mi stava mostrando. Quindi un bel giorno chiamai quell’uomo al telefono e gli dissi: “Non intendo più lavorare con te”. La conversazione in realtà fu un po’ più elaborata, ma non voglio dilungarmi troppo. Riagganciai il ricevitore e nel farlo mi resi conto di aver appena disdetto tutti i miei programmi, tutte le mie fonti di reddito e per i 6 mesi successivi. Era un sabato pomeriggio e passai tutto il resto del giorno e la domenica a riflettere sul da farsi. La domenica sera trovai sulla segreteria telefonica il messaggio di una donna che non conoscevo che aveva sentito parlare dei miei seminari da amici comuni e che mi chiedeva di richiamarla.
Mi disse che era interessata a sponsorizzarmi e a creare programmi per me in tutto il paese se accettavo di collaborare con lei. La prima cosa che le chiesi fu: “Qual è la sua data di nascita?” Lei disse “28 giugno 1954”. E’ una storia vera. La mia prima reazione fu di chiudere la comunicazione ma non riuscii a farlo e le raccontai tutta la storia. Lei mi chiese se intendevo dare una possibilità alla sua proposta. Questa volta feci attenzione a cosa sentivo e c’era qualcosa di diverso, perciò dissi di sì.
Oggi quella donna è coordinatrice di seminari, svolge laboratori per conto suo ed ha scritto molti libri. Si chiama Joan Carrol Cornak, se la conoscete.
Io non ho permesso al primo rapporto di inquinare il secondo perché sono riuscito ad aver fiducia in ciò che sentivo e a capire il significato della sensazione che provavo e si è realizzato fra noi un rapporto molto forte. Ed è stato attraverso quella persona che ho incontrato Melissa.
Riassumendo, è interessante come funzionano queste cose, attraverso il secondo specchio del giudizio critico, mi è stato mostrato quali erano le mie più grosse cariche. Non tanto cosa io ero, quanto ciò che io giudicavo nel momento presente ed ho imparato una grande lezione sul discernimento e sulla fiducia.
E’ stata una lezione relativamente poco gravosa in paragone di ciò che è venuto immediatamente dopo, perché ho cominciato ad avere a che fare con creditori, contratti ecc. E attraverso il mio potere di discernimento, ho evitato seri problemi potenziali. Quindi vi invito a passare in rivista le vostre vite, le persone che vi sono più care, perché sono quelle che fanno da calamita, siano esse relazioni amorose oppure rapporti di famiglia – questi ultimi non ci è dato di sceglierceli. Osservate le caratteristiche che le persone usano nel premere i vostri bottoni e chiedetevi: “Mi stanno mostrando me stesso nel momento?” Se la risposta onesta è “No”. Allora chiedetevi questo: “Mi stanno mostrando ciò che io giudico nel momento?” La risposta potrebbe sorprendervi.

IL 3° SPECCHIO ESSENO

Il terzo specchio esseno dei rapporti umani è uno degli specchi più facili da riconoscere, perché lo percepiamo ogni volta che ci troviamo alla presenza di un’altra persona, quando la guardiamo negli occhi, e in quel momento accade qualcosa di magico. Alla presenza di questa persona, che forse non conosciamo nemmeno, sentiamo come una scossa elettrica, forse anche la pelle d’oca sulla nuca o sulle braccia. Che cosa è appena successo, in quell’attimo?
Attraverso la saggezza del terzo specchio ci viene chiesto di ammettere la possibilità che, nella nostra innocenza, noi rinunciamo a delle grosse parti di noi stessi, per poter sopravvivere alle esperienze della vita. Possono venir perse, senza che noi ce ne rendiamo conto, o forse le perdiamo consapevolmente o ancora ci vengono portate via da coloro che hanno un potere su di noi.
Talvolta quando ci troviamo in presenza di un individuo che incarna proprio le cose che abbiamo perduto e che stiamo cercando, per poter ritrovare la nostra interezza, i nostri corpi esprimono una risposta fisiologica per mezzo della quale realizziamo di nutrire un’attrazione magnetica verso quella persona.
Se vi trovate in presenza di qualcuno e, per qualche motivo inspiegabile, sentite l’esigenza di passare del tempo con quella persona, ponetevi una domanda: che cosa ha questa persona che io ho perduto, ho ceduto, o mi è stato portato via? La risposta potrebbe sorprendervi molto perché in realtà riconoscerete questa sensazione di familiarità, quasi verso chiunque incontriate. Cioè vedrete delle parti di voi stessi in tutti. Questo è il terzo mistero dei rapporti umani.
Nel 1992, stavo svolgendo una serie di seminari molto simili a questo in un bellissimo posto che, a quell’epoca, era una pensione ed un centro per ritiri spirituali.
Avevamo affittato l’intera struttura, incluso la grande sala al pian terreno, dove ogni sera guardavamo i nostri video. Una sera stavamo guardando uno stupefacente video con Richard Holden che presentava una conferenza alle Nazioni Unite durante una sessione speciale di argomento archeologico incentrato su ciò che, secondo lui, era stato trovato su Marte nel 1976 dal progetto della sonda Viking. Era buio, la porta si aprì ed entrarono due persone che chiesero una stanza e, naturalmente, la pensione era tutta occupata da noi.
Videro ciò che stavamo guardando e lo trovarono molto interessante, perciò chiesero di restare con noi ed io acconsentii. Alla fine della proiezione, quando si riaccesero le luci, guardai le due nuove arrivate, che erano due viaggiatrici e notai che stranamente una di loro aveva un aspetto molto familiare. Non l’avevo mai incontrata prima e tuttavia sentivo un senso di familiarità. Vi è mai successa la stessa cosa, magari in un aereoporto, in una stazione, in un centro acquisti? Anche le drogherie sono ottimi posti, perché lì nessuno ci pensa né ha aspettative di sorta.
All’improvviso, anche se non stai cercando di incontrare gente o di procurarti qualcosa consciamente, qualcuno viene verso di te e tu percepisci questa persona che ti passa davanti e dici: “Santo cielo che cosa è stato?” Forse i nostri occhi si incontrano e per una frazione di secondo avviene una piccola magia, scocca una scintilla di riconoscimento reciproco.
Nella nostra società questo comportamento non è bene accetto, perciò spesso troviamo il modo di distaccarcene. Se siamo per strada faremo qualcosa come mandare indietro i capelli, o come fissare una gomma da masticare appiccicata sul selciato o qualunque altra cosa che interrompa quel contatto.
Che cosa succede in quel momento. Cosa succede quando guardate così qualcuno e sentite quel senso di familiarità?
Ad un certo punto della mia vita ho lavorato con un gruppo di ingegneri e uno di loro provava sensazioni simili molte volte al giorno. Di regola gli accadeva con le donne. Ad esempio usciva dall’ufficio per pranzo oppure per riscuotere lo stipendio in banca o per fare qualche commissione il venerdì pomeriggio. Poi tornava, si sedeva immobile alla scrivania. Allora io gli chiedevo se c’era qualcosa che non andava e lui mi rispondeva: “Non riesco a lavorare, mi sono innamorato durante la pausa-pranzo.” Il mio collega si innamorava varie volte al giorno. Questo gli rendeva la vita un inferno.
Questo è il modo in cui gli specchi si presentano a noi e questa è la ragione per cui vi racconto delle storie vere. Gli succedeva così spesso che noi colleghi avevamo perfino dato un nome a quell’effetto, lo chiamavamo Effetto Schiaffo. Lui usciva per pranzare e poi tornava e diceva sono stato schiaffeggiato 5 volte. Voleva dire che si era innamorato 5 volte. Riprendevamo il lavoro e intanto lui faceva cose diverse come chiamare la banca dove aveva incassato l’assegno per chiedere chi era la terza impiegata da sinistra, poi le telefonava e la invitava a prendere un caffè. Lei rispondeva di sì e mentre prendevano il caffè, lui osservava la cameriera e sentiva che se ne stava innamorando. Succedeva continuamente ed era un vero problema per lui perché aveva una moglie e due bei bambini a cui voleva molto bene. Quello che vi ho narrato era un caso estremo ma ve l’ho mostrato come esempio perché è molto appropriato.
Cosa succede nel momento in cui proviamo quella sensazioni?
Ebbene sto per raccontarvi ciò che è accaduto a me… Quella famosa sera, le luci si accesero, le donne erano lì sedute e quando guardai negli occhi una di loro ebbi la sensazione che accadesse qualcosa di magico. Lei ed io continuavamo a parlare anche dopo che tutti erano andati a dormire. Allora le chiesi se le andava di fare una passeggiata e lei acconsentì. La cittadina era così piccola che per attraversarla bastava un minuto. C’erano un museo, un ufficio postale, una gelateria e si era visto tutto.
La donna ed io abbiamo percorso quel tragitto molte volte quella sera e poi alla fine ci siamo augurati la buona notte, senza che io le avessi chiesto come si chiamava, perché pensavo che la cosa sarebbe finita lì.
Alla fine del seminario sarei dovuto rientrare nel nuovo Messico [...]. Il mattino in cui dovevo partire [...]. Mentre guidavo mi fermai ad un semaforo, alzai lo sguardo e all’angolo vidi proprio la donna che avevo conosciuto la sera prima. Lo vedete questa storia alla fine ha la sua coerenza. Lei mi vide e venne verso la mia macchina per salutarmi, intanto il semaforo era diventato verde e la gente aveva cominciato a suonare il clacson. Allora le chiesi se aveva già pranzato e lei mi disse di no, quindi la invitai a salire in macchina. Andammo a comprare le ultime cose per il gatto e poi ci recammo in un delizioso piccolo caffè quasi fuori città dove ci sedemmo a parlare.
E parlammo, parlammo, parlammo… Restammo lì tutta la mattina. La gente che era venuta a far colazione se ne andò e il caffè diventò molto tranquillo, poi arrivarono i clienti dell’ora di pranzo, poi anche loro se ne andarono e ci fu di nuovo molta quiete. La donna doveva ripartire per la costa Orientale ed io per il Nuovo Messico. Alla fine ci dicemmo: “Beh, visto che dobbiamo partire sarà meglio muoverci.” Lei mi accompagnò alla macchina, le diedi un bacio d’addio sulla guancia e… ancora oggi non so quale sia il suo nome.
Mentre la guardavo allontanarsi mi successe questo: sentii una grande tristezza dentro di me perché iniziavo già a sentire la sua mancanza. La osservai partire a bordo della sua auto e vidi le luci posteriori sparire lungo la strada. Dieci anni fa se mi fosse successa una cosa simile avrei detto che mi ero innamorato e avrei fatto qualcosa di molto romantico, come saltare in macchina per inseguirla, fermarla sull’autostrada e dirle cosa provavo per lei. Sapevo che mi stava succedendo qualcosa ma sapevo anche che non si trattava di questo. Rimasi seduto in macchina e all’improvviso cominciarono a scendermi sul viso delle grosse lacrime. Ricordo di aver pensato: Santo Cielo, questa deve essere una lezione veramente potente!
Prima c’era stata quella sensazione di familiarità, ora c’era tristezza perché la donna stava partendo.
Mi limitai a chiudere gli occhi ed a pormi una domanda come faccio spesso, dicendo: ”Padre chiedo che mi venga data la saggezza necessaria per comprendere la sensazione che prova il mio corpo.”
Quando si fa una domanda come quella di solito ci si aspetta una risposta, invece io ottenni un’altra domanda; mi stavano facendo lavorare! La domanda era semplice! “Che cos’ha questa donna che ti manca?” Io non avevo pensato al “cosa” sapevo solo che mi mancava!
Cominciai a riflettere su tutto ciò di cui avevamo parlato e ciò che avevamo condiviso la sera prima e al caffè e capii che quello che mi mancava veramente era la sua innocenza, la sua capacità di stupirsi delle cose. Era qualcosa di molto importante per me in quel momento della mia vita, perché ero passato attraverso il mondo accademico, il viaggio sacro nell’accademia e avevo trascorso molto tempo nel mondo aziendale.
Tutto questo ha un costo, lo sapete anche voi. Cioè nel ricordare e nello sviluppare la conoscenza noi perdiamo l’innocenza.
[...]
Così quando capii che cosa mi mancava di quella donna, seppi che non me ne ero innamorato e che lei in poche ore era stata capace di reggere davanti a me lo specchio di una grande parte di me stesso che avevo perduto per ottenere ciò che mi ero prefisso di avere nella mia vita..
Credo che l’abbiamo fatto tutti in una certa misura. Tutti abbiamo ceduto consciamente delle grosse parti di noi stessi oppure le abbiamo perse senza neanche accorgercene, o ci sono state portate via da coloro che hanno avuto potere su di noi. E tutto questo l’abbiamo fatto per sopravvivere.
Forse oggi più che mai in questa fase dell’umanità e della storia geologica, noi chiediamo a noi stessi di riportare a casa quelle parti di ognuno di noi per poterci conoscere nella nostra interezza e per avere l’esperienza di vita che scegliamo.
Quella fu un’esperienza fantastica per me. Sapevo che quella donna mi aveva mostrato il terzo specchio esseno dei rapporti umani: quello che abbiamo perso, ceduto o che ci è stato portato via.
La verità di quest’esperienza è che se siamo veramente sinceri gli uni con gli altri, veri gli uni con gli altri, possiamo vedere e sentire una porzione di noi stessi, semplicemente guardando negli occhi quasi tutte le persone che incontriamo.
Possiamo cioè provare la sensazione del riconoscimento, della familiarità. Vi invito a percepire in voi questa sensazione. Fatelo in luogo pubblico, non importa se è in una stazione, in un aereoporto, o dal fruttivendolo, perché la gente in quei luoghi non si aspetta quel tipo di esperienza.
Quando qualcuno entra nel vostro campo di consapevolezza e sentite quella sensazione, iniziate una conversazione su qualunque argomento, se vi succede come spesso accade, nella sezione della frutta, parlate di frutta e dite: Hmm! Che buon profumo! Che bell’uva! Che belle banane! Non importa che cosa dite. Iniziate una conversazione e, mentre i vostri interlocutori parlano, ponetevi mentalmente questa domanda: Cosa vedo in questa persona che io ho perso, ho ceduto o che mi è stato preso?” La risposta vi sorprenderà, ve l’assicuro

IL 4° SPECCHIO ESSENO
Il quarto specchio esseno dei rapporti umani è una qualità un po’ diversa. Spesso nel corso degli anni ci accade di adottare dei modelli di comportamento che poi diventano tanto importanti da farci riorganizzare il resto della nostra vita per accoglierli.
Sovente tali comportamenti sono compulsivi, creano dipendenza. Il Quarto mistero dei rapporti umani, ci permette di osservare noi stessi in uno stato di dipendenza e compulsione. Attraverso la dipendenza e la compulsione, noi rinunciamo lentamente proprio alle cose a cui teniamo di più. Cioè mentre le cediamo, poco a poco vediamo noi stessi lasciare le cose che più amiamo. Ad esempio, quando parliamo di dipendenza e compulsione, molte persone pensano all’alcol e alla nicotina che sono certamente capaci di creare tali stati.
Ma ci sono altri modelli di comportamento più sottili come l’esercizio di controllo in ambiente aziendale o in famiglia o come la dipendenza dal sesso, dal possedere o generare denaro e abbondanza, anche questi sono esempi di compulsione e dipendenza.
Quando una persona incarna un simile modello di comportamento, può star certa che il modello, che pur è bello di per sé, si è creato lentamente nel tempo. Poco a poco, noi rinunciamo alle cose che ci sono più care. Se riorganizziamo le nostre vite per far posto al modello dell’alcolismo o all’abuso di sostanze forse stiamo rinunciando a porzioni della nostra vita rappresentate dalle persone che amiamo, dalla famiglia, dal lavoro, dalla nostra stessa sopravvivenza.
Il tratto positivo di questo modello è che può essere riconosciuto ad ogni stadio, senza bisogno di arrivare agli estremi perdendo tutto. Possiamo riconoscerlo, guarirlo, e ritrovare la nostra interezza ad ogni stadio.
Alcuni anni fa ho condotto, nel Sud-Ovest del Paese, un seminario composto da 40 uomini, tutti uomini – che diede ottimi risultati. Alcuni dei partecipanti erano dei cowboys, dei ragazzi che non si sarebbero tolti il cappello e gli stivali per nessun motivo al mondo.
Mi dissero: Posso abbracciare un uomo in questa stanza, ma non lo farò mai là fuori. Per loro fu molto importante ricevere questa piccola informazione sul quarto specchio, perché erano tutti sposati, volevano bene alle loro mogli ed erano tutti continuamente attratti da altre donne al lavoro, o in ufficio e non capivano il perché.
Questo è uno specchio potente che si applica anche al mondo aziendale ed io l’ho fatto.
Ero manager nel settore delle telecomunicazioni, dirigevo due dipartimenti separati e collegati dove c’erano degli impiegati che credevano di essere innamorati gli uni degli altri. Di per sé non era un problema, anche se causava grossi sprechi di tempo: pause pranzo molto lunghe, un sacco di gomme forate, molti bambini ammalati, nonni deceduti…
Io sospettavo che si trattasse proprio di questo. E’ da notare che il valore di questi principi sta nel fatto che li possiamo applicare nella vita di ogni giorno. Infatti invitai due degli impiegati – entrambi felicemente sposati – nella stanza delle riunioni e in tutto rispetto della loro privacy, chiesi loro di guardarsi negli occhi e di condividere che cos’era che li attraeva.
Diedi quasi un respiro di sollievo, quando i due si resero conto che in realtà non erano innamorati, che non dovevano rischiare di rinunciare alle loro beneamate famiglie e che in realtà ciascuno vedeva nell’altro delle ampie parti di sé, che aveva perso.
Che specchio potente!
Un altro esempio: nel 1998 quando lavoravo per il programma Star... a Sud di Denver, alcuni alti ufficiali del Pentagono ci fecero visita per revisionare il programma. Ciascun dipartimento designò un delegato ed io, non so come, finii per essere scelto.
Dopo la riunione ebbi l’opportunità d’incontrare personalmente alcuni degli ufficiali e di partecipare ad una conversazione, proprio prima di cena, durante la quale una persona del gruppo si rivolse ad un membro dell’équipe, che aveva raggiunto il rango di Corporate American e che rientrava tra i capi del personale. La domanda era: “Come ha fatto a raggiungere questa posizione? Cosa è dovuto succedere nella sua vita affinchè lei arrivasse a ricoprire un posto di potere e di controllo così prestigioso?”
L’uomo rispose, molto consapevolmente, guardandoci tutti negli occhi e dicendo: “Per arrivare dove sono oggi, ogni volta che sono salito di un gradino ho dovuto rinunciare ad una parte di me stesso. Poi aggiunse: “Ben presto capii che avevo rinunciato a tutto ciò che mi era caro: i miei amici, la mia famiglia (mia moglie ed io siamo divorziati, i miei figli ed io non ci parliamo nemmeno più). Per me valeva la pena farlo perché lo scopo della mia vita era di esercitare questo potere e controllo”. Quindi l’uomo ne era consapevole ed io mi stupii della sua sincerità.
So che noi tendiamo a far compromessi, cedendo in cambio parti di noi stessi per riuscire a sopravvivere.
Quindi, quando vi scoprite fortemente, magneticamente attratti, verso altre persone, forse senza riuscire a dare un senso a ciò, forse anche quando siete attratti da una persona dello stesso sesso e cercate di etichettare quell’esperienza, come è capitato a molti miei clienti in anni recenti, a quel punto potreste pensare: “Sono una donna e mi piace stare accanto agli uomini, o viceversa: Sono un uomo e mi piace stare accanto alle donne.”
Pensate a come è strano! Siamo essenzialmente delle anime asessuate, non siamo né maschi né femmine, finchè non entriamo nel corpo fisico, Poi, arrivando nel mondo della polarità, dobbiamo scegliere un genere o l’altro e nello scegliere, rinunciamo automaticamente a quello che abbiamo escluso.
Siccome io sono un maschio. Sono arrivato in questo mondo scegliendo di polarizzarmi in un corpo maschile, nonostante la mia anima sia asessuata, cioè maschile e femminile insieme, quindi ho messo la mia parte femminile in secondo piano. Le donne invece mettono in secondo piano la loro parte maschile. Ecco perché può accadere di sentirsi inspiegabilmente attratti verso qualcuno che ha una polarità opposta alla nostra.
Alcuni mesi fa ho svolto un seminario dove alcuni mi hanno chiesto: “Cosa significa quando si è attratti dalla stessa polarità?”
Io credo che lo specchio funzioni. E’ uno specchio potente che non ha bisogno di etichette. E’ solo uno specchio. Ecco l’esempio di un caso su cui ho lavorato.
Cosa succede se siete un maschio – spiritualmente asessuato – ma che, scegliendo di diventare un maschio in questo mondo, ha fatto in partenza una rinuncia della femminilità, al 50% dell’esperienza. Cosa succede se all’inizio della vostra vita di maschio vivete delle situazioni in cui vi viene sottratta la vostra mascolinità?
Nel caso in questione si trattava di abuso. Hai rinunciato al tuo femminile per essere qui, e una volta che sei qui, ti viene portato via il tuo maschile! Cosa ti resta? Niente. Allora che cosa fai? Cerchi di rinforzare ciò con cui ti identifichi meglio in quel momento della tua vita.
Se sei venuto al mondo come maschio e ti è stata portata via la mascolinità, cercherai di rinforzare la condizione maschile, che ti è vicina nel tempo, e forse cercherai la compagnia di un maschio, come accadeva all’uomo di questa storia, che si sentiva confuso e non sapeva spiegarsi perché lo faceva.
Quando cominciò a capire il funzionamento dello specchio, il perché gli divenne estremamente chiaro e dopo alcuni mesi non aveva più quell’orientamento. Se l’avesse avuto sarebbe andato bene lo stesso perché, finchè non ci mettiamo sopra delle etichette, stiamo semplicemente parlando di modelli di energia.
Non è interessante come funziona?
Cerchiamo di rafforzare ciò che abbiamo perso o ceduto o che ci è stato portato via.
Vi invito a porre attenzione alla vostra vita e al tipo di persone verso cui vi sentite fortemente attratti e a chiedervi che cosa possiedono di voi che è stato perso o ceduto o preso.
Pensiamo ai rapporti amorosi, quante volte avete sentito parlare di coppie che si formano a causa di questa carica e poi la carica scompare e i due si rendono conto di non essere più innamorati?
In realtà forse il loro amore li ha serviti così bene, cioè sono riusciti a tal punto a guarire in sé stessi ciò che hanno visto nell’altro, che non sentono nessuna carica e cominciano ad incarnare l’interezza. Da quel momento in poi entrambi possono scegliere di continuare il rapporto sulla base di principi completamente diversi, basati sul fatto che ciascuno semplicemente riesce a godere della compagnia dell’altro.

IL 5° SPECCHIO ESSENO
Nella mia opinione questo modello di rapporti umani, il quinto specchio esseno, è forse il più potente in assoluto, perché credo ci permetta di vedere meglio e più profondamente degli altri la ragione per cui abbiamo vissuto la nostra vita in un dato modo. Esso rappresenta lo specchio che ci mostra i nostri genitori nel corso della nostra interazione con loro.
Attraverso questo specchio ci viene chiesto di ammettere la possibilità che le azioni dei nostri genitori verso di noi riflettano le nostre credenze e aspettative nei confronti di quello che potrebbe configurarsi come il più sacro rapporto che ci sia dato di conoscere sulla Terra e cioè il rapporto fra noi e la nostra Madre e il nostro Padre Celeste, vale a dire con l’aspetto maschile e femminile del nostro creatore, in qualunque modo lo concepiamo.
E’ attraverso il rapporto con i nostri genitori, che essi ci mostrano le nostre aspettative e credenze verso il rapporto divino. Per esempio se ci troviamo a vivere un rapporto con genitori da cui ci sentiamo continuamente giudicati o per i quali anche fare del nostro meglio non è mai abbastanza, è altamente probabile che quel rapporto rifletta la seguente verità: siamo noi che crediamo, dentro di noi, di non essere all’altezza e che forse non abbiamo realizzato quello che ci si aspettava da noi attraverso la nostra percezione di noi stessi fino al Creatore.
Questo è uno specchio potente e molto impalpabile, che, forse più di altri, ci può svelare perché abbiamo vissuto le nostre vite in un determinato modo.
Tale specchio ha avuto un impatto incredibile nella mia vita. Un impatto ricco di implicazioni. Condividerò con voi una frase che poi studieremo da moltissime angolature, discutendo questo specchio in dettagli, perché la frase è molto ricca di significati. Prima però vi faccio notare che esistono ben pochi assoluti, che ci sono sempre delle eccezioni e che l’argomento che stiamo per affrontare va visto come una ricerca di modelli generali.
Se, mentre vi parlo, sentite una voce interiore che dice: “Non è assolutamente così!” è possibile che abbiate appena contatto un’informazione molto potente nella vostra storia personale e che vi venga chiesto ora di decidere se questo è il momento opportuno per prenderne coscienza. Se la risposta è “si”, vuol dire che avete gli strumenti per farlo, se è “no”, voi avete sentito quali sono questi strumenti.
Quindi, se mentre vi parlo provate un’emozione, oppure se la vostra temperatura corporea sale un po’, o se il battito del vostro cuore aumenta, o se sentite un formicolio alle dita (è un po’ come quando si è innamorati), forse vi sta succedendo ciò che vi ho appena preannunciato.
Una risposta di questo tipo si realizza solo quando vi viene mostrato qualcosa di così profondo che in passato avete scelto di allontanarvene. Quindi la cosa da tener presente riguardo questo specchio è la seguente: a prescindere dalle caratteristiche che avete condiviso, pur senza giudicare, senza pensare al giusto e allo sbagliato, visto che stiamo lavorando sullo specchio della polarità che presenta solo segni positivi o negativi, c’è una buona probabilità che le parole che usate per descrivere i vostri genitori come li vedete oggi, da adulti, abbiano pochissimo a che fare con le persone di questa terra che voi chiamate mamma e papà.
E’ molto probabile che le parole che usate per descrivere i vostri genitori terrestri, vi servano a descrivere uno specchio che i vostri genitori hanno retto impeccabilmente dinanzi a voi, per darvi una visione del rapporto più sacro che è dato conoscere sulla Terra. E’ anche molto probabile che il modo in cui percepite i vostri genitori sulla Terra, rappresenti lo specchio delle vostre aspettative verso il rapporto che intrattenete con la Madre e il Padre celesti.
Lo ripeto: c’è una buona probabilità che il modo in cui vedete o come descrivete i vostri genitori, le parole che usate, siano quelle che descrivono le aspettative che avete sul rapporto con la vostra madre e il vostro padre divino.
L’argomento può essere inquadrato da molte angolazioni. E lo faremo dettagliatamente fra poco per mezzo di un piccolo esercizio. Vi chiedo: è possibile che i vostri genitori, nell’invitarvi inconsciamente o consciamente in questo mondo, si siano assunti una responsabilità sottintesa di cui la nostra cultura si è dimenticata? Secondo la quale la madre e il padre terrestri, che ci mettono al mondo e si prendono cura di noi sarebbero dei surrogati, cioè l’approssimazione più vicina all’aspetto materno e paterno del nostro creatore Divino?
Noi sappiamo che in realtà il Creatore non ha un’identità sessuale, non è né una madre, né un padre, bensì per così dire “una forza” in mancanza di una parola migliore in inglese.
Vi chiedo ancora: “E’ possibile che i vostri genitori vi abbiano amato così tanto e forse a dei livelli di cui non sono stati e non sono essi stessi coscienti, da riuscire a reggere impeccabilmente davanti a voi uno specchio capace di mostrarvi, come voi concepite il rapporto non tanto con loro, ma con il vostro padre divino e la vostra madre divina?
E’ possibile che le volte in cui avete percepito la rabbia dei vostri genitori verso di voi in realtà abbiate percepito quella che credevate essere la rabbia del vostro Creatore verso di voi?
E’ possibile, infine che, quando i vostri genitori sono orgogliosi di voi, vi danno l’incoraggiamento che vi fa sentir bene, voi in realtà stiate sentendo qualcosa che proviene dal vostro creatore?
E’ possibile?
Se è vero che gli specchi funzionano, io credo che questo sia precisamente ciò che accade. Credo che ci sia una buona probabilità che gli esseri umani siano capaci di amare a livelli così taciti e profondi da riuscire a scambiarsi questi specchi con grande precisione e credo anche che i nostri genitori hanno fatto proprio questo per noi.
Con ciò non voglio sottintendere alcuna scusante per i loro comportamenti. Vi chiedo semplicemente di ammettere la possibilità che in effetti il rapporto con i vostri genitori o con chi vi ha allevato, nel caso siate stati adottati o abbiate vissuto in un orfanotrofio, vi abbia permesso di vedere uno specchio, nel quale siete riusciti a percepire le vostre credenze e aspettative su come credete che il vostro Creatore vi concepisca e su come voi lo concepite.
Cosa provate pensando alla possibilità che i vostri genitori vi abbiano mostrato questo specchio? Ha un senso per voi?
Proviamo a fare un esercizio. Vi invito a chiudere gli occhi e a fare un respiro profondo alla maniera dello Yoga, spingendo fuori il ventre durante l’inspirazione, in modo da far scendere bene il diaframma. Fate una breve pausa, poi espirate contraendo leggermente i muscoli del ventre.
Ora vi chiedo di rivolgere a voi stessi il seguente invito: “Io acconsento a sentire. Io mi permetto di sentire.” Ripetete mentalmente: ”Io acconsento a sentire, Io mi permetto di sentire”. Datevi anche il permesso di ricordare, dicendovi: “Acconsento a ricordare” ripetetevi mentalmente: “Io ricordo, io acconsento a ricordare”
A questo punto vi pongo una domanda: “Se qualcuno venisse da voi e vi dicesse che vi resta un solo minuto sulla Terra, trascorso il quale non sarete più presenti qui né potrete più comunicare con coloro che amate e che, durante quel minuto voi potreste dire qualunque cosa ai vostri genitori terrestri, cosa direste?”
Che parole scegliereste? Vi invito a condividere con me le parole che usereste durante quel minuto.
“Noi siamo uno”
“Sii felice”
“Ci vediamo presto”
“Ti voglio bene”
Va bene, ora se qualcuno venisse da voi e vi dicesse che vi resta un minuto da vivere in questo mondo in compagnia di coloro che amate e che in quel minuto voi potreste udire la voce di vostra madre o di vostro padre, dirvi qualunque cosa, che cosa vorreste sentirvi dire da vostro padre o da vostra madre? Vi invito a condividere con me quelle parole.
Cosa vi piacerebbe di più sentirvi dire?
Tenete gli occhi chiusi inspirate profondamente ed ascoltate. In quel minuto voi potreste udire qualunque frase.
Mi rivolgerò agli uomini per primi: Signori se voi poteste udire una qualunque frase rivolta a voi dal vostro Creatore, lo udireste dire: “Figlio mio sono orgoglioso di te, figlio mio, ti voglio bene, Hai agito bene. Grazie, figlio mio”
Ed ora alle donne: Signore, se voi poteste udire queste parole: “Figlia mia grazie! Hai agito bene! Figlia mia, torna a casa!” Cosa provate nell’udire queste parole? Riuscite a percepire una sensazione nel vostro corpo? Perché? In fondo sono solo parole? E’ possibile che abbiamo trascorso la maggior parte della nostra vita credendo di cercare amore rispetto e approvazione dai nostri genitori terrestri, in quanto essi sono la cosa più vicina alla nostra madre e al nostro padre divini?
La realtà è questa. Nel profondo noi abbiamo sempre saputo che in realtà cercavamo l’approvazione del nostro Creatore, cercavamo il suo amore e il suo rispetto. E’ possibile?
Se è così avete appena ricevuto una grossa quantità di informazioni sul perché avete vissuto la vostra vita in un determinato modo e su come l’avete vissuta.
[...]
I rapporti umani ci offrono la possibilità di guarire il rapporto con i nostri surrogati terrestri e nel fare questo noi saniamo anche il rapporto con la controparte divina. Il tutto funziona anche all’inverso, nel guarire il rapporto con la controparte divina deve per forza sanarsi anche il rapporto con i genitori terrestri. Tutto questo non significa che, in quanto figli, siete responsabili delle malattie dei vostri genitori o delle loro scelte di vita.
Loro hanno semplicemente accettato, ad un determinato livello di consapevolezza di reggere dinanzi a voi lo specchio che riflette le vostre aspettative ed hanno scelto come proporvi quello specchio durante la loro vita.
Una volta che i genitori sono sollevati dal peso dello specchio sorge la seguente domanda: “Si ricordano della loro vera natura?” “Esiste una parete della loro consapevolezza che fa dire loro: “ finalmente mio figlio ha compreso il messaggio, ora posso vivere la mia vita. Oppure rimangono tanto invischiati nel loro sistema di credenze da credere di essere quelle malattie.
Questo è proprio il punto cruciale su cui noi stiamo lavorando tutti insieme per sanare noi stessi e per ricordare quelle possibilità. Non vi sembra che ciò abbia un senso? Si tratta di uno specchio impercettibile. Vi ricordate che all’inizio di questa sessione ho detto che gli specchi diventano sempre più impalpabili col nostro evolverci e che dobbiamo affrontare quelli più ovvii prima di poter vedere i più sottili.
Siccome si tratta di specchi, il bello è che funzionano in entrambi i sensi. E questo è importante, perché non ci limitiamo di certo ad esaminare i casi negativi, infatti anche quando percepiamo i nostri genitori come esseri affettuosi, saggi, vulnerabili, forti, onesti e tolleranti, riceviamo il riflesso delle nostre credenze sul tipo di rapporto che abbiamo col Creatore, cioè percepiamo il nostro Creatore e noi stessi alla presenza di quella forza creativa.
Quindi la riflessione che vi offro rappresenta una possibilità che è in sé sottile e potente che provoca tutta una serie di implicazioni lungo l’arco di un’esistenza.
Se ciò ha un senso per voi, bene, se non lo ha vi invito ad archiviare mentalmente queste informazioni e, se in futuro dovesse verificarsi uno sgretolamento del vostro sistema di credenze, allora potrete andare a cercare questa cartella e lavorando su questo specchio, avrete un potente strumento a vostra disposizione. Lo specchio della madre e del padre, il vostro Creatore.

IL 6° SPECCHIO ESSENO
Il sesto specchio esseno dei rapporti umani ha un nome abbastanza infausto, infatti gli antichi lo chiamarono: l’Oscura notte dell’anima.
Ma lo specchio in sé non è necessariamente altrettanto sinistro del suo nome. Attraverso un’oscura notte dell’anima, ci viene ricordato che la vita tende verso l’equilibrio, che la natura tende verso l’equilibrio e che ci vuole un essere estremamente magistrale per bilanciare quell’equilibrio.
Nel momento in cui affrontiamo le più grandi sfide della vita possiamo star certi che esse divengono possibili solo dopo che abbiamo accumulato tutti gli strumenti che ci servono per superarle con grazia e con facilità, perché è quello il solo modo per superarle.
Fino a che non abbiamo fatto nostri quegli strumenti non ci troveremo mai nelle situazioni che ci richiedono di dimostrare determinati livelli di abilità. Quindi, da questa prospettiva, le sfide più alte della vita, quelle imposteci dai rapporti umani e forse anche dalla nostra stessa sopravvivenza, possono essere percepite come delle grandi opportunità a nostra disposizione, per saggiare la nostra abilità, anziché come dei test da superare o fallire.
E’ proprio attraverso lo specchio della notte oscura dell’anima che vediamo noi stessi nudi, forse per la prima volta, senza l’emozione, il sentimento, ed il pensiero, senza tutte le architetture che ci siamo creati intorno per proteggerci.
Attraverso questo specchio possiamo anche provare a noi stessi che il processo vitale è degno di fiducia ed anche che possiamo aver fiducia in noi stessi mentre viviamo.
La notte oscura dell’anima rappresenta per noi l’opportunità di perdere tutto ciò che ci è sempre stato caro nella vita e di vedere noi stessi alla presenza e nella nudità di quel niente.
E proprio mentre ci arrampichiamo fuori dall’abisso di ciò che abbiamo perso e percepiamo noi stessi in una nuova luce, che esprimiamo i nostri più alti livelli di maestria.
Gli antichi parlavano molto chiaramente della notte oscura dell’anima.
Quando lavoravo nella Bayer Area venne come paziente un giovane ingegnere, che aveva moglie e due figlie che amava molto. Lavorava nel settore del software, dove la domanda era talmente alta che ben presto l’uomo cominciò a viaggiare molto.
Dapprima forniva consulenze tecniche, poi iniziò a prender parte a delle fiere commerciali ed a trascorrere sempre meno tempo con la famiglia.
Le poche volte che restava a casa provava una sensazione di estraneità. C’era poco di cui parlare nel fine settimana. Non sapeva cosa facevano le figlie a scuola e la comunicazione fra lui e la moglie languiva. A un certo punto il suo ufficio assunse una donna di Los Angeles, sua coetanea, anch’essa ingegnere, e i due cominciarono ad essere inviati in missione insieme. Non passa molto tempo che l’uomo cominciò a credere di essere innamorato della donna e lei di lui. Ad un certo punto la donna chiede di tornare a Los Angeles ed anche lui chiese il trasferimento da San Francisco, ottenendo un incarico proprio a Los Angeles. Il suo ufficio era molto dispiaciuto che se ne andasse ed i suoi amici pensavano che fosse impazzito. La sua famiglia soffriva molto. Lui pensò: “Mi dispiace di aver ferito questa gente, ma io vado ad iniziare la mia nuova vita” e si trasferì a Los Angeles.
Un bel giorno, dopo tre settimane, la donna tornò a casa e gli disse: “Sai il nostro rapporto non è quel che credevo e vorrei che finisse qui.”
L’uomo era sconvolto. Che paura universale si era risvegliata in lui? Era il fatto che lei gli avesse chiesto di andarsene che l’aveva distrutto.
Cominciò ad avere scarsi risultati sul lavoro. Fu mantenuto in servizio per il periodo di prova e, siccome non migliorava, alla fine gli fu chiesto di dimettersi. Si ritrovò in una città estranea, senza amici, senza gruppo di sostegno, senza stipendio né lavoro e persino sulla lista nera di altre ditte dello stesso settore.
Non aveva un luogo in cui tornare, perché aveva rinunciato a tutte le cose che gli erano state care. Il suo ufficio non lo rivoleva, la sua famiglia ed i suoi amici non erano disponibili.
Venne da me e mi disse: “Cosa diavolo mi sta succedendo? Come faccio a riprendermi la mia famiglia?”
Io molto sinceramente gli risposi: “Congratulazioni!, perché il solo modo in cui qualcosa del genere è potuto succedere nella sua vita è grazie al fatto che lei ha raggiunto il suo più alto livello di maestria.”
Quando un essere umano conquista l’ultimo tassello di abilità, la creazione si apre dinanzi a lui che diviene libero di esprime tale maestria in qualunque cosa abbia creato nella vita.
Quando la vita è più dura, quando ci vengono poste delle sfide più alte nel campo della salute, dei rapporti umani o della sopravvivenza è perché noi stessi ci siamo creati quelle situazioni solo dopo aver accumulato tutti gli strumenti necessari a tirarcene fuori con grazia.
Qualunque madre lo sa. Non ve l’ha mai detto vostra madre che Dio non vi da mai più problemi di quanti non riusciate a sopportarne?
L’ho visto succedere mille volte: questioni di salute, malattie potenzialmente letali, implosioni emotive. So con certezza che nella vita noi tendiamo verso l’equilibrio e che ci vuole un grosso sforzo per riuscire a sconvolgere quell’equilibrio e siccome siamo tutti dei maestri, sappiamo bene come farlo.
In quanto maestri noi abbiamo appreso come creare forte disequilibrio nelle nostre vite in modo da favorire il manifestarsi dello slancio che ci serve per dimostrare il grado di abilità da noi raggiunto. Ci viene offerta così un’opportunità rispetto alla quale non abbiamo nessun punto di riferimento, nessuno a cui chiedere o da cui andare. Non avendo mai avuto prima quella data esperienza, tutto ciò su cui possiamo contare è noi stessi ed è a quel punto che ci viene chiesto di rivolgerci verso i livelli più profondi del nostro essere.

IL 7° SPECCHIO ESSENO
Dalla prospettiva degli antichi, il settimo mistero dei rapporti umani o settimo specchio esseno era il più sottile e, per alcuni versi, anche il più difficile. E’ lo specchio che ci chiede di ammettere la possibilità che ciascuna esperienza di vita, a prescindere dai suoi risultati, è di per sé perfetta e naturale. A parte il fatto che si riesca o meno a raggiungere gli alti traguardi che sono stati stabiliti per noi da altri, siamo invitati a guardare i nostri successi nella vita senza paragonarli a niente. Senza usare riferimenti esterni di nessun genere.
Il solo modo in cui riusciamo a vederci sotto la luce del successo o del fallimento è quando misuriamo i nostri risultati, facendo uso di un metro esterno. A quel punto sorge la seguente domanda: “A quale modello ci stiamo rifacendo per misurare i nostri risultati? Quale metro usiamo?”
Nella prospettiva di questo specchio ci viene chiesto di ammettere la possibilità che ogni aspetto della nostra vita personale – qualsiasi aspetto - sia perfetto così com’è. Dalla forma e peso del nostro corpo ai nostri risultati in ambito accademico, aziendale o sportivo. Ci renderemo conto insieme che, in effetti, questo è vero e che un risultato può essere sottoposto a giudizio solo quando viene paragonato ad un riferimento esterno.
Siamo quindi invitati a permettere a noi stessi di essere il solo punto di riferimento per i risultati che raggiungiamo. Gli antichi consideravano l’ultimo specchio come il più impercettibile e per illustrarvelo vi racconterò un paio di storie.
Verso la fine del mio periodo aziendale condividevo l’ufficio con una collega, perché lo spazio di lavoro a disposizione era limitato. Avevamo mansioni molto diverse. Siccome non c’era competizione fra noi, parlavamo e pranzavamo insieme spesso, diventando ottimi amici.
Un giorno, tornato in ufficio dopo la pausa pranzo, la vidi sbiancare e sedersi mentre ascoltava i suoi messaggi in segreteria.
Le chiesi cosa fosse successo e lei mi raccontò una storia che io sto per raccontare anche a voi al fine di illustrare il settimo specchio esseno.
La mia collega aveva un’amica, sua coetanea, madre di una ragazza che si era diplomata un paio di anni prima. Era una bellissima ragazza, piena di talento, molto sportiva, brava a scuola, dotata di ottime capacità artistiche che aveva deciso, d’accordo con i genitori, di fare la modella dopo il diploma.
Dopo aver svolto alcuni ottimi servizi da modella ed aver frequentato una scuola specializzata di New York aveva completato un’altra serie di incarichi e stava avviandosi verso una carriera di successo.
Finiti quei primi servizi le agenzie cominciarono a dirle che per quel tipo di lavoro avrebbe dovuto cambiare un po’ il suo aspetto. Inizialmente le suggerirono di intervenire su cose semplici come il giro vita e la misura del seno, che venne aumentata per mezzo di un intervento chirurgico. I suoi genitori erano d’accordo perché sapevano che la professione lo richiedeva. Non passò molto tempo che le agenzie cominciarono ad esigere forme più estreme di cambiamento. Per esempio, quando la ragazza sorrideva aveva una sovraocclusione – che era pur gradevole da vedere – e le fu detto che una modella non poteva permetterselo e le chiesero di farsi operare.
Lei obbedì, le sue mascelle vennero rotte e ricomposte. Immobilizzate con strumenti metallici, ma, onestamente, io ho visto foto di prima e dopo l’intervento, c’era ben poca differenza.
Mentre le mascelle erano immobilizzate, la ragazza dovette limitare la sua dieta e dimagrì molto, il che di solito è desiderabile per una modella.
In seguito alla perdita di peso le sue costole inferiori cominciarono ad essere più visibili. La gente del suo ambiente disse alla ragazza che non era un problema, si poteva risolvere tutto chirurgicamente. Infatti la ragazza si sottopose ad un intervento in cui le vennero asportate le costole fluttuanti inferiori. E a quel punto cominciò a succederle qualcosa.
Forse sapete già che il perso corporeo attraversa delle fasi. Io stesso sono stato un podista a livello agonistico, per molti anni e c’erano periodi in cui potevo mangiare qualunque cosa senza riuscire ad aumentare di peso, mentre in altri periodi bastava semplicemente pensare al cibo per ingrassare. E’ come se il corpo entrasse in una sua fase. Può capitare di smettere di mangiare per un po’, mantenendo lo stesso peso costante o persino ingrassare, oppure cominciare a perdere peso. Poi, decidere di smettere e l’organismo invece continua a dimagrire, anche se si mangia normalmente.
Questo è proprio ciò che accadde alla ragazza. Era entrata in una fase inarrestabile di dimagrimento e la telefonata che la mia collega aveva ricevuto quella mattina era della madre della giovane che, dall’ospedale le aveva comunicato la morte della figlia in seguito a complicazioni derivanti da malnutrizione.
La giovane donna era stata portata all’ospedale perché il suo corpo non riusciva ad adattarsi a quel peso.
La domanda che mi posi fu questa: “Perché questo è successo? Qual è la ragione?”
Ancora un’altra storia.
Alcuni mesi fa Melissa ed io ci siamo messi in viaggio. Per partire da casa nostra bisogna prendere in tutti i modi l’aereo ad Albuquerque ed usando certe compagnie aeree, di cui non faccio il nome, bisogna passare per Dallas prima di poter andare da qualunque parte. Quindi quando andavo a Toronto, dovevo volare fino a Dallas per arrivare a destinazione o a Kansas City per arrivare a Dallas. Se siete stati all’aereoporto di Dallas sapete che è enorme e che c’è una rete tranviaria – teoricamente, quando funziona - per portare i passeggeri da un terminal all’altro e, se funziona, è un ottima rete. Normalmente succede questo: si arriva all’uscita No. 6 e si deve andare all’uscita 44 che è distante mezzo miglio.
Quel giorno eravamo in attesa dei tram ai piedi di una lunga scala mobile e davanti a noi c’era una coppia di anziani. Una donna e un uomo, apparentemente duro di udito. I due erano impegnati in un fitto dialogo in cui esprimevano giudizi sulla gente. Sembrava essere la loro attività abituale, tanto erano a loro agio nel farlo. Mano a mano che arrivava qualcuno dicevano: “Toh! Guarda quello come è vestito!” oppure “Guarda quella lì, hai visto che orecchini?” A un tratto, con la coda dell’occhio, ho visto scendere dalla scala mobile una donna molto grassa. Una volta avevo un cliente che pesava 200 chili e so che quella donna poteva pesare sui 180 chili. La donna reggeva una valigia vecchio stile, di linoleum con fibbie di metallo; c’erano più di 40 gradi a Dallas quel giorno e sicuramente la donna doveva avere un buon motivo per essersi messa in viaggio con quel caldo, viaggiando in quei sedili scomodi per lei con le caviglie gonfie e trascinandosi dietro quella brutta valigia.
Venne a mettersi proprio accanto a noi e la coppia continuò a fare i suoi commenti come prima e, siccome l’uomo era duro di orecchi, noi tutti sentimmo quando disse alla moglie: “Guarda quella donna, non è terribile? Perché non fa qualcosa per sé stessa? Si dovrebbe vergognare di farsi vedere in giro in quello stato!”
Era una rara opportunità, io ero qui, la coppia era qui e la donna grassa era lì. Ed io credo che tacitamente lei acconsentì a lasciarsi guardare negli occhi da me, perché mi guardò direttamente in volto. Anch’io la guardai direttamente negli occhi e lei non disse una parola, ma so che aveva udito tutto ciò che era stato detto.
Stette zitta e mentre aspettavamo il tram i suoi occhi si riempirono di lacrime. Divenne rossa in viso ed era chiaro che stava tenendo duro per non piangere. Quel commento l’aveva ferita. Salimmo sul tram. La coppia si mise accanto a me e scambiammo quattro chiacchiere. Erano persone per bene, non avevano intenti malevoli. Avevano solo quell’abitudine inconscia a criticare. In quel momento seppi che avevamo avuto tutti una rara opportunità. La donna aveva avuto l’opportunità di sentirsi giudicare; la coppia aveva avuto l’opportunità di giudicare qualcuno ed io avevo avuto l’opportunità di esserne testimone.
Entrambe le storie illustrano il settimo mistero esseno dei rapporti umani, il mistero del ricercare la perfezione nell’imperfezione della vita. La giovane donna che aveva perso la vita, con quali standard si misurava? L’avevano fatta sentire imperfetta e l’avevano costretta a cambiare il corpo che le era stato dato in questa vita. Che metro aveva usato?
Quanto alla coppia che aveva percepito la donna come grassa e a me, che la descrivo come tale a voi adesso, fino a che non paragonate la vostra esperienza di vita ad un referente esterno, come potete non essere perfetti?
Ciò che vi raccomando è questo: siate consapevoli del modello a cui vi rifate per misurare i vostri risultati.
Che metro usate nella vita?
In base a che cosa distinguete fra la vostra riuscita ed il vostro fallimento?
Mettiamola così: io potrei darvi un foglio con una lista di criteri e dirvi di parlarmi delle vostre abilità sportive, delle vostre abilità accademiche, comunicative o amorose. Chiedere: Siete dei bravi amanti? E’ sempre una buona domanda. Non vi concederei più di 15 secondi per darmi una risposta, perché, a prescindere da cosa risponderete, se vi siete descritti come esseri meno che perfetti, a che cosa vi siete paragonati? Come fate a dire che state facendo qualcosa di non perfetto a meno che non facciate riferimento a qualcosa che sta al di fuori di voi stessi?
Ne parlavamo proprio ieri quando sono andato nella sala proiezioni per vedere la registrazione di questo video che i tecnici erano riluttanti a mostrarmela perché c’era la sensazione che avrei potuto essere critico verso me stesso. Se io incarno questo specchio, se io vi do il meglio di me nel momento presente, il risultato è perfetto, fino a quando non mi paragono a qualcun altro. E’ perfetto, è il meglio che può essere in questo momento.
Questo per gli Esseni è il nodo più delicato, perché siamo così pronti a giudicare noi stessi. Siamo noi i nostri critici più agguerriti
Quindi vi invito ad esaminare la vostra vita ed a individuare le aree in cui sentite di non essere felici di voi stessi. Questo può accadere soltanto se non avete fatto del vostro meglio oppure se avete fatto del vostro meglio e vi siete paragonati a qualcun altro. Che metro usate? Nella nostra cultura, che metro usiamo?
Noi veniamo paragonati a quest’uomo (ndr: indica l' immagine di Gesù). Sapete che cosa ha detto quest’uomo quando era qui?
Disse: “Voi pensate che le cose che sto facendo io siano fantastiche, allora aspettate di vedere quello che sarete capaci di fare voi fra 2000 anni.” Sto parafrasando un po’. Disse anche: “Non mettetemi su di un piedistallo, voi siete molto, molto più bravi di me se realizzate il potere che c’è in voi, il potere del pensiero, del sentimento e dell’emozione e di ciò che farete con esso.”
Questo è il settimo specchio esseno dei rapporti umani, lo specchio della perfezione.
Questi sette specchi dei rapporti umani sono potenti, ci forniscono delle profonde intuizioni sul perché abbiamo vissuto la nostra vita in un certo modo e abbiamo avuto determinati rapporti umani.
Gli Esseni ci ricordano che ciascuno di noi passerà attraverso ogni specchio durante la propria vita, che ne siamo coscienti o no. Spesso ci muoveremo in molti specchi simultaneamente perché siamo maestri e lo diventiamo sempre di più in questa vita.
Nel passare attraverso gli specchi, noi procediamo attraverso la nostra vita, forse senza nemmeno renderci conto del perché facciamo queste cose. Sarebbe bello se ogni mattina si accendesse una bella luce al neon che ci dicesse: “Oggi, dopo aver fatto colazione, dopo che i tuoi familiari sono usciti, puoi cominciare il tuo lavoro sull’oscura notte dell’anima.” La vita non funziona così. Siamo invitati a conoscere noi stessi in presenza di altri, attraverso i nostri rapporti umani e quando quei rapporti sono sanati, noi diventiamo il beneficio di quella guarigione e lo portiamo in noi nel sogno ad occhi aperti della vita, camminando tra i due mondi del cielo e della terra.