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Chiara Inesia


domenica 16 marzo 2008

VERSO UN'OMEOPATIA "ORGANISMICA"

di Luigi Marcello Monsellato

L’ETÀ DELL’UOMO
I° semestre 89 – Anno V
Marzo-Aprile N. 29

La Medicina Omeopatica negli ultimi tempi ha incontrato alcune difficoltà di carattere interpretativo ed applicativo, che ne hanno messo in discussione la validità, gettando un cono d’ombra sulla sua efficacia terapeutica.
D’altra parte “tempora currunt” e anche la Medicina ha fatto dei grossi balzi in avanti, dai tempi di Hahnemann ad oggi, tant’è che tuttora è alla ricerca di chiavi interpretative, di fili conduttori, che possano legare i nostri vari livelli fisiologici e le varie nostre strutture psicologiche.

Pertanto è necessario ritrovare una visione d’insieme, una griglia, che ci permetta di vedere l’uomo nella sua interezza, dal livello lesionale, a quello degli apparati, da quello neuro-endocrino funzionale, a quello psico-emotivo. Il che non vuol dire raggiungere una certezza assoluta e stabilizzante, una sorta di fondamento epistemologico, ma costruire un modello interpretativo del reale, provvisto dell’instabilità, ma anche della plasticità dei modelli interpretativi, una sorta di ermeneutica che, nella variabilità costante, tenga dietro alla plasticità dell’esistente. I quattro livelli succitati non sono nella realtà così schematizzati, ma agiscono all’unisono, per la salvaguardia della persona, alla ricerca di nuovi, seppur qualche volta precari, equilibri.

Da questo punto di vista, alla medicina omeopatica classica, anche se nel Settecento ha avuto l’ardire di proporre una realtà psicosomatica (cosa eccezionale per quei tempi!), manca la possibilità di usufruire della visione della moderna psicosomatica, dell’attuale analisi bioenergetica e della recente psicoanalisi. Oggi non ci basta più l’analisi omeopatica tradizionale; oggi si parla per esempio di ristrutturazione, di atteggiamento positivo, di linguaggio non verbale, di Gestalt, di armatura caratteriale, e così via.
Chi raccoglie tali messe di stimoli, chi decodifica i messaggi che ci può trasmettere una tensione muscolare cronica o una Gestalt-aperta? Non certo l’omeopatia classica! Bisogna rifarsi assolutamente alle attuali tecniche psicosomatiche e bioenergetiche che, affiancando e supportando il metodo omeopatico classico (interrogatorio + repertorio), possono darci una visione “organismica”, integrata, della realtà dell’individuo.

Per fare ciò, bisogna interpretare, intuire, e non solo definire e categorizzare, occorre rischiare di capire, di confrontarsi con la realtà, chiedendosi il fine, il come, il perché di un evento o di un comportamento: i perché, non solo come causa, ma come scopo, finalità, come momento teleologico, un buon esempio di ciò che Monod, nel suo Il caso e la necessità, ha chiamato “teleonomia”. In effetti, per portare in superficie i problemi di una persona, dobbiamo correre il rischio di pescare in profondità, sino al nucleo psicoemotivo-comportamentale che, impattandosi e relazionandosi con l’ambiente esterno, induce delle reazioni, le quali, perseverando nel tempo, diventano abitudini e, consolidandosi, danno origine ad un carattere comportamentale.
È proprio questo carattere che, alla lunga, darà i primi sintomi, sino a generare vere e proprie malattie. È in questo incontro-scontro tra il nucleo emotivo e la “periferia” socializzante (genitoriale, scolare, lavorativa, religiosa, ecc.) che si delineano le rinunce, o il controllo, o lo spostamento del soddisfacimento dei bisogni.

Chi di noi non ha temuto di mostrare le proprie emozioni, o le proprie difficoltà emotive, perché credeva di doversene vergognare, per colpevolizzarsi, per timore di urtare la suscettibilità altrui, per paura di influire nel mondo degli altri, per fare qualcosa di scomodo, di non previsto, o che non corrispondesse alle aspettative dei genitori? Ebbene, secondo lo stadio evolutivo in cui si localizza il conflitto psico-emotivo, noi possiamo avere diverse tipologie psicologiche, somatiche e comportamentali che non potranno essere, prima curate e poi riequilibrate, se non si intuisce il senso di ciò che sta accadendo. Se ciò non avviene, rischiamo di favorire e sclerotizzare i tranelli emotivi, che hanno scolpito nel tempo il nostro modo di vivere, e rischiamo, oltremodo, di persistere nel recitare un copione, che non ci appartiene, poiché da altri determinato.

Solo attraverso un’anamnesi adeguata, che si allarga, ad indagare sul vissuto della persona, sulla sua comunicazione non verbale, ecc. si può “comprendere” la storia del paziente e si possono mettere a fuoco le strategie più opportune, per star meglio.
Ogni tecnica, comprese l’omeopatia, che non tenga presente la relazione individuo-ambiente, le relative strutturazioni psicofisiche e i quattro stadi prima menzionati, sarà solo parziale e sintomatica. Bisogna stare attenti agli omeopati classici, cosiddetti Kentisti, che hanno quasi paura del contatto fisico, relegandolo e idealizzandolo in una messe di teorie pseudoscientifiche e pseudoanalitiche, che lasciano il tempo che trovano. Infatti, secondo gli studi dell’Istituto di Dinamica Comportamentale, un evento psicofisico, morboso e non, diviene significativo, “organismico”, solo in quanto acquista un “senso” per l’individuo, cioè diviene in qualche modo estrapolato da un contesto di neutralità ed indifferenza, per divenire proprio e rappresentativo, riassuntivo di tutta la storia personale e collettiva, che ha portato quell’individuo sino a quel punto.

Proprio per questo bisogna partire dall’assunto che il corpo, e ciò che è fisico e biologico, deve costituire con le sue leggi, la sua struttura, la sua forma, la traccia di lettura per il senso, che andiamo cercando. In altre parole, è il biologico che stabilisce i modi inderogabili, attraverso cui si manifesta il cosiddetto psicologico, il quale, per la sua espressione, può usufruire in diversi modi del biologico, ma non può allontanarsi dai confini da esso delimitati.

Confini che non vanno visti in maniera circoscritta e angusta, pensando alle leggi classiche, che regolano la materia vivente, ma, pensando alle leggi ultrastrutturali della fisica quantistica, della biochimica, della biologia molecolare, della enzimologia, della termodinamica, ecc., leggi che palesano e coordinano anche la nostra parte cosiddetta psichica e che sono il “tessuto connettivo” scientifico, che comprova la validità dell’omeopatia. Il biologico inchioda lo psichico e concorre a dargli senso. Il nostro obiettivo non può essere solo il mondo delle immagini della psiche, ma anche quello corrispondente delle immagini pietrificate e “formate” nella carne, che sono quelle della realtà corporea.

È proprio nel corpo infatti che il nostro Sé, il Sé dell’uomo, ha raccolto e impresso la sua storia, i suoi ricordi, il suo programma esistenziale, e la cui comprensione equivale alla compenetrazione del progetto di autocoscienza umana. Il corpo è l’attuazione di tale progetto, non in quanto prefissato a priori, ma in quanto “si fa” incessantemente, in rapporto all’ambiente e alle conoscenze acquisite e in quanto lievita per l’impulso evolutivo filogenetico, che ci accompagna dalla comparsa della prima forma vivente sulla Terra. Perciò è necessario un diverso atteggiamento del terapeuta, che abitudinariamente tende a proiettare sul paziente i propri problemi, i propri blocchi e atteggiamenti nevrotici, perché lui, per primo, non lavora su se stesso, non sperimenta sulla sua “pelle” e con la sua “carne” i propri condizionamenti e indurimenti emotivi, privilegiando magari un approccio parziale, mentale o corticale. A tal punto cosa farà questo terapeuta: darà nuovi modelli comportamentali, altri consigli-ordini, o farà nuovamente sublimare il problema? Così facendo il conflitto ed il conseguente problema saranno solo spostati ad un altro livello, o apparato, con una nuova veste sintomatica, ma il paziente rimarrà ancora imprigionato negli schemi, o dai divieti, che da tempo, e nel tempo, diverse figure istituzionali gli hanno appioppato addosso.

Occorre pertanto un’omeopatia organistica, che apra la porta al linguaggio non verbale, al rafforzamento della personalità, al riequilibrio emotivo, ai blocchi caratteriali, alle tensioni croniche, che attualmente non sono previste e studiate dall’omeopatia classica hahnemaniana, o Kentista; occorre un’omeopatia più “psicoenergetica”, meno sicosica, meno rigida, annosa e decrepita, che apra la porta verso quel complesso di significati personali e collettivi, biologici e sociali, genetici e appresi, contingenti e storici, che sono espressi e incarnati dal mondo delle immagini e dei ricordi e che, nella malattia, o nella tipologia psicofisica, sono seppelliti ed impressi nell’apparente incoscienza della corporeità.

BIBLIOGRAFIA
SANANES R.: Homéopathie et language du corps;
KENT J.: La science et l’art de l’homéopathie;
BATESON G.: Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano;
CHIOZZA L. A.:Corpo, affetto e linguaggio, Loescher, Torino;
GRODDECK: II linguaggio dell’ES, Adelphi, Milano;
LOWEN, A.: II linguaggio del corpo, Feltrinelli Ed., Milano;
AA.VV.: L’ETÀ DELL’UOMO - rivista di educazione e psicologia applicata, di psicoterapia corporea de organismica e medicine bioterapiche -, Ed. C.R.S.-D.E.P., Ferrara.

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