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Chiara Inesia


martedì 25 marzo 2008

SITUAZIONE UMANA, CARATTERE E AGGRESSIVITA' SECONDO ERICH FROMM

di Romano Biancoli

La lunga indagine di Fromm (1973) sull'aggressività umana si può vedere come un completamento della sua caratterologia, che si basa sul concetto di "human situation" (Fromm, 1947, pp. 29-36) intesa come stadio raggiunto nell'evoluzione dei primati.
In questo stadio risultano due tendenze: la determinazione sempre meno istintiva del comportamento e la crescita del cervello, particolarmente della neocorteccia.
L'uomo è il primate fornito della minima dotazione istintivo e del massimo sviluppo cerebrale (Fromm, 1973, p. 201).

La singolare emersione biologica diventa un dato, intrinsecamente contraddittorio, della situazione umana: far parte della natura e insieme trascenderla, proprio per la debolezza istintiva e la consapevolezza di sé, estranea ad ogni altro animale.
L'armonia è rotta, il mondo dell'uomo è il mondo del conflitto (Fromm, 1947, pp. 29 e sgg.).

La frattura che vive dentro l'uomo reca una fondamentale "existential dichotomie": crescere o regredire (Fromm, 1955, pp. 22-3; Silva, 1991).
La crescita è un processo di individuazione caratterizzato da autonomia e solitudine, fino a conseguire gradi di libertà che consentono di amare.
In alternativa, la "escape from freedom" (Fromm, 1941) è la risposta regressiva alla paura della solitudine, inevitabile costo dell'individuazione. Questa alternativa, in tutte le sue modalità, comporta la rinuncia al pieno sviluppo umano.

Il carattere è considerato "the human substitute for the instinctive apparatus of the animal" (1947, p. 42) ed è definito come "the (relatively permanent) form in which human energy is canalized in the process of assimilation and socialization" (Ibid.).

Nel loro rapporto col mondo, gli esseri umani ottengono ciò di cui hanno bisogno attraverso il "processo di assimilazione" e si relazionano gli uni agli altri nel "processo di socializzazione".
Il modo in cui una persona assimila quanto le occorre per vivere dà luogo al suo orientamento di carattere.
Se essa si rende abbastanza autonoma da produrre da sé quanto le serve (alternativa della crescita), l'orientamento di carattere che ne risulta è definito da Fromm come "produttivo".
"Non produttivi" invece sono gli orientamenti di carattere delle persone che non trovano in se stesse la forza di procurarsi i beni di cui necessitano (alternativa della regressione).

Gli orientamenti di carattere, esprimenti le modalità del processo di assimilazione, incrociano le modalità del processo di socializzazione, che ineriscono ai rapporti umani.
La persona orientata produttivamente si rapporta agli altri attivamente e responsabilmente, vale a dire rispettando, amando, ed esercitando l'aggressività adattativa (1973, pp. 165 e ss.) che è difensiva e sana, salvaguarda ambiti vitali di sopravvivenza e di crescita e sorregge la produttività. Questa aggressività è propria anche agli animali.
L'aggressività adattativa umana è un'attività, un'affermazione d'esistenza, e come tale ha basi biologiche. Benigna e programmata filogeneticamente, è connotato necessario della natura umana.
Le persone orientate non produttivamente si rapportano agli altri secondo meccanismi di fuga dalla libertà, che comportano, direttamente o indirettamente, aggressività maligna.
Nelle forme dell'aggressività sadica e dell'aggressività distruttiva, essa è radicata nel carattere, e appartiene alla seconda natura dell'uomo non derivata geneticamente ma costruita dalle risposte alle contraddizioni dell'esistenza umana (1973, pp.228-9).

Nella visione di Fromm, produttività e non produttività giocano un ruolo dinamico e mobilizzante nei tratti di carattere, nei rapporti tra le persone, e dunque anche riguardo all'aggressività.
L'energia dell'aggressività difensiva e adattativa, se non è espressa e associata alla produttività, si converte in sadomasochismo e distruttività.
L'aggressività sadica, propria solo all'uomo, sta nel piacere di controllare e dominare un altro essere vivente. E' il piacere di esercitare un potere su altri, di averne in mano la situazione, il godere nel sentire che l'altro dipende.
Il sadismo è adottato dalla persona che si sente incapace d'amare e di farsi amare, di generare affetto nell'altro, per cui ha bisogno di possederlo, di controllarlo. Non è la forma più maligna d'aggressività, perché al sadico occorre che la sua vittima sia viva, e quindi non la uccide (Ibid., p. 254 e ss.).
Come quella sadica, l'aggressività distruttiva è esclusivamente umana e senza basi neurofisiologiche dimostrate. E' l'aggressività estrema, poiché non è compatibile con la vita. Questa forma d'aggressività maligna guarda alla morte come soluzione del problema di vivere. La distruttività può presentarsi come necrofilia, che talora si manifesta portando direttamente la morte. Più spesso si esprime in situazioni traslate e in simboli. Si sente il fascino non tanto della morte in sé quanto degli innumeri processi che ad essa conducono ed anche dei movimenti stereotipati, seriali e senza vita propri delle macchine (Fromm, 1973, pp. 299 e ss.).