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Chiara Inesia


lunedì 17 marzo 2008

IL PICCOLO PRINCIPE E LA VOLPE

La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
"Per favore... addomesticami" disse.
"Volentieri", rispose il piccolo principe, "ma non ho molto tempo. Ho da scoprire degli amici, e devo conoscere molte cose".
"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!"
"Che bisogna fare?" domandò il piccolo principe.
"Bisogna essre molto pazienti" rispose la volpe. "In principio tu ti siederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino...".
Il piccolo principe ritornò l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.
"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincierò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore...Ci vogliono i riti".
"Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa è una cosa da tempo dimenticata" disse la volpe. "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si somiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".
Così il piccolo principe addomesticò la vope.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe "...piangerò".
"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io non volevo farti del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."
"E' vero" disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo" disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno" disse la volpe, "il colore del grano".
Poi soggiunse: "Và a vedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto".
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente" disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico e ora per me è unica al mondo.
E le rose erano a disagio.
"Voi siete belle, ma siete vuote" disse ancora. "Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perchè è lei che ho innaffiata. Perchè è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perchè è lei che ho riparata col paravento. Perchè su di lei ho ucciso i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perchè è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perchè è la mia rosa".
E ritornò dalla volpe.
"Addio" disse.
"Addio" disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripetè il piccolo pricnipe per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
E' il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
E, riverso sull'erba, pianse.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..."
"Io sono responsabile della mia rosa..." ripetè il piccolo principe per ricordarselo.

da Il piccolo Principe di Antoine de Saint - Exupéry

OMOTOSSICOLOGIA

di Aquilino Polito

L’OMOTOSSICOLOGIA figlia dell’omeopatia nasce intorno agli anni '50 con il medico tedesco Hans-Heinrich Reckeweg, già medico omeopata, che non soddisfatto della definizione di malattia data dalla dottrina Hahnemaniana teorizzò che ".... tutti quei processi che noi chiamiamo malattie sono l'espressione delle misure difensive biologicamente opportune, contro omotossine esogene ed endogene....; oppure rappresentano il tentativo biologicamente opportuno, da parte dell'organismo di compensare i danni omotossici subiti al fine di mantenersi in vita quanto Più a lungo possibile..." (Dr H-H Reckeweg).

Con l'introduzione de concetto di omotossina (fattore tossico per l'uomo), la malattia viene ad essere considerata come una risposta immunitaria difensiva da parte del Sistema della Grande Difesa dell'ospite verso questo tossico che può provenire dall'esterno oppure dall'ospite stesso.
L'organismo si difende da questi attacchi attraverso l'attivazione del cosiddetto "Sistema della grande difesa"; questo è composto da 5 sottosistemi che si integrano a vicenda :1) Sistema reticolo-endoteliale che produce gli anticorpi ; 2) Meccanismo Adenoipofisi - Corteccia surrenale, che controlla le funzioni del tessuto connettivo e quindi è deputato alla modulazione della infiammazione; 3) Sistema del riflesso neurale; 4) Funzione disintossicante del fegato, che serve ad eliminare le omotossine mediante la formazione di un composto chiamato omotossone, dato dall'accoppiamento di due omotossine:
OMOTOSSINA (tossica) + OMOTOSSINA (tossica) = OMOTOSSONE (non tossico)
5) Funzione disintossicante del connettivo che esplica sia una funzione passiva drenante, avviando verso gli emuntori gli omotossoni, sia una funzione attiva producendo macrofagi, linfociti e leucociti, cellule impegnate attivamente nell'infiammazione.

Il connettivo rappresenta il campo dove si svolge quel fenomeno che abbiamo chiamato "Malattia" ; esso è sotto l'influenza sia dell'ipofisi che del surrene alternando fasi di acidità a fasi di alcalinità secondo le leggi della Commutazione vegetativa di Hoff.
Questa si estrinseca attraverso il passaggio da una fase acida, che va dalle tre del mattino alle tre del pomeriggio, in cui prevale l'infiammazione intesa come fase digestiva (digestione parenterale di Rosale) e depurativa, ad una fase alcalina, che va dalle tre del pomeriggio alle tre del mattino, in cui prevale l'intossicazione con imbrigliamento nel connettivo di sostanze tossiche.

Abbiamo detto che la malattia non è altro che una battaglia tra un tossico che aggredisce e l'ospite che cerca di difendersi; ebbene se l'organismo non vince questa battaglia va incontro a malattie che si aggravano sempre di più fino alla morte dell'ospite.
Per esempio l'introduzione di un tossico epatico causerà inizialmente un'epatite, poi una cirrosi ed infine un cancro del fegato.

Questo susseguirsi di eventi con aggravamento della patologia viene definita da Reckeweg " Vicariazione progressiva". Se si interviene con una terapia antiomotossica mirata, si blocca la progressione della malattia e si innesca una sorta di marcia indietro la cosiddetta " Vicariazione regressiva" che riporta l'organismo allo stato di salute iniziale.
Tutte le terapie retossiche provocano una vicariazione progressiva, mentre le terapie biologiche provocano una vicariazione regressiva.

L'Omotossicologia inquadra l'evoluzione morbosa di un paziente nella cosiddetta
“TAVOLA DELLE OMOTOSSICOSI ”.
La Tavola delle Omotossicosi viene suddivisa in Fasi Umorali e Fasi Cellulari.
Nelle Fasi Umorali, benigne, prevale la risposta da parte dell'organismo che ha ancora integri i suoi meccanismi di difesa; questa si suddivide in Escrezione, Reazione e Deposito.
Nelle Fasi cellulari, maligne, prevale il danno profondo ai meccanismi di difesa causati da terapie inadeguate; questa si suddivide in Impregnazione, Degenerazione, Neoplasma.

LE MEDICINE E LE PRATICHE NON CONVENZIONALI

di Aquilino Polito
Membro board scientifico nazionale
SNAMID per le Medicine non Convenzionali

Le medicine e le pratiche "non convenzionali" ritenute in Italia come rilevanti da un punto di vista sociale sia sulla base delle indicazioni della Risoluzione n. 75 del Parlamento europeo del 29/5/97 e della Risoluzione n. 1206 del Consiglio d'Europa del 4/11/99 che sulla base della maggiore frequenza di ricorso ad alcune di esse da parte dei cittadini oltre che degli indirizzi medici non convenzionali affermatisi in Europa, negli ultimi decenni, sono:
Agopuntura, Fitoterapia, Medicina Ayurvedica, Medicina Antroposofica, Medicina Omeopatica, Medicina Tradizionale cinese, Omotossicologia, Osteopatia, Chiropratica.

Tutte queste pratiche hanno in comune il fatto di considerare il malato e non la malattia a differenza della medicina Allopatica (detta anche Accademica o tradizionale) che è riuscita a parcellizzare l’uomo in tantissime e microscopiche specialità che non sempre concordano!
Oggi all’inizio del terzo millennio, dove le nanotecnologie e le indagini ultrasofisticate la fanno da padrone, dove è diventato difficile trovare un medico che utilizzi la “clinica” prima delle indagini, dove i farmaci sempre più costosi e sempre più tossici sono diventati la normalità, sempre di più le persone decidono di rivolgersi a metodi di cura diversi. Una volta questi percorsi diagnostico-terapeutici (perché di questo si tratta) venivano ingiustamente ed erroneamente definiti “alternativi”, oggi molto più semplicemente vengono definiti “ non convenzionali.

Tra queste discipline l’Omeopatia e l’Omotossicologia, l’Agopuntura e la Medicina Tradizionale Cinese rappresentano le maggiormente utilizzate dai medici e dai pazienti.
Questi percorsi terapeutici pur se apprezzati da moltissimi pazienti (in Italia si stima che circa il 10% dei pazienti si rivolge a pratiche non convenzionali) sono avversati a volte in modo veramente “viscerale” dalla cosiddetta medicina accademica; ovviamente i maggiori detrattori sono quelli meno informati sulle metodologie non convenzionali!

Il perché di questa avversione, oltre all’ignoranza (della materia!) ha origini a mio parere, molto più antiche e per darne conto bisogna fare qualche passo indietro.
Bisogna spostarsi a Lipsia, in un giorno qualunque del 1789 nell’ambulatorio di Christian Friedrich Samuel Hahnemann, uno dei più famosi medici della città e forse della Sassonia, che improvvisamente affacciandosi alla porta della sala d’attesa e pronuncia la frase che ritengo abbia creato un baratro tra la medicina accademica e quella che sarà l’Omeopatia.

"...amici miei, potete andarvene da qui, io non so alleviare le vostre sofferenze, non sono capace di guarirvi e non voglio quindi rubare il vostro denaro";

questa frase, pronunciata da un valente rappresentante dell’allora medicina accademica, faceva chiaramente intendere che il valore delle usuali terapie fondate su emetici, purganti, sanguisughe e salassi era di fatto inesistente, e questo non fu affatto gradito ai medici che facevano fortuna prescrivendo quelle inutili terapie.
Questo comportamento non deve lasciare perplessi e si inserisce perfettamente nel travaglio culturale settecentesco.
Erano gli anni delle grandi rivoluzioni sia nel campo politico che di quello medico e che porteranno al positivismo ottocentesco.

SE C'E' UN PROBLEMA NEL COLLETTIVO...

“Se c’è un problema nel collettivo,

vuol dire che gli uomini hanno un problema

e se c’è un problema negli uomini,

vuol dire che IO ho un problema”


C. G. Jung